Una hypercar esplicita ed estrema voluta fortemente dall’attivissimo David, figlio di Jack, per riportare in auge il nome della sua famiglia. Signori ecco la BT62. Brabham is back!
Allora: costruire hypercar costa, costa parecchio. Tempo fa David Brabham lanciò una campagna di crownfunding, denominato Project Brabham, per costruire il ritorno del Marchio, fondato dal papà, prima nel mondo dell’endurance con un prototipo LMP2 per poi sbarcare di nuovo in Formula 1. Tutto è finito nel nulla, ma adesso ecco che David Brabham ci presenta qualcosa di concreto, molto concreto. Si tratta di una vettura nata per issarsi da subito nel gotha del club delle più furiose hypercar da pista: la Brabham BT62
E’ stata presentata presso L’Australian House di Londra lo scorso 4 maggio. La Brabham BT62 è una hypercar da oltre 700 cavalli che punta a rivaleggiare, per adesso, con poche, ma blasonatissime concorrenti focalizzate esclusivamente sull’uso in pista: Mclaren Senna e Aston Martin Vulcan, ma anche Ferrari Fxx per fermarsi qui. Abbondantemente sopra il milione di euro, la BT62 firma il debutto della Brabham Automotive create da David Brabham
L’idea di base è stata già tratteggiata da Dave Brabham nel corso della presentazione: produrre veicoli ad alte prestazioni mettendo al centro il pilota con un obiettivo finale che è quello di competere nella 24 Ore di Le Mans.
La BT62 sarà una produzione limitata a 70 esemplari, biposto a trazione posteriore spinta da un V8 aspirato da 5.4 litri in grado di sviluppare 667 Nm di coppia e una potenza di 710 cavalli. Con un peso complessivo di 972 chili parliamo di un rapporto peso/potenza di 1,36 kg/CV. E l’esatto prezzo di listino? 1.13 milioni di euro. A paragonarla alla McLaren Senna viene naturale ché si parla di un potenziale derby tra prestazioni stratosferiche. La Senna costa 945.500 Euro, la stanno producendo in 500 esemplari e vanta una scheda tecnica che srotola numeri a tre cifre: ben 800 cavalli e 800 Nm di coppia espressi dal V8 4 litri biturbo. Con un peso di 1.198 kg e solo il rapporto peso potenza ad essere ad una sola cifra o poco più: 1,50 kg/CV
Si punta al vertice
Malgrado sia l’ultima arrivata e la prima di un brand dormiente, la BT62 è stata presentata come una vettura specificamente progettata e sviluppata per essere premiante come nessun’altra concorrente. Il suo naming deriva dalla convenzione stabilita dallo stesso Sir Jack Brabham che denominava con le iniziali del suo cognome e di quello del progettista Ron Taurnac ogni modello da competizione seguito da un numero progressivo. Dopo aver vinto quattro titoli mondiali F1 e due titoli mondiali Marche, dopo essere scomparsa dalle scene competitive dal 1992 ecco che con questa BT62 si apre un nuovo capitolo della storia del Marchio con un modello che, secondo le parole di David Brabham “è degno di portare il nome iconico di Brabham”.
Lunga 4460 mm e larga 1950 mm, con un passo di 2695 mm, la Brabham BT62 si presenta con una cura estremamente minuziosa dell’aerodinamica. L’ala posteriore regolabile è in grado di generare un carico di 1200 kg mentre la distribuzione del peso anteriore/posteriore è dichiarata 41/59. La trasmissione è fornita da un cambio sequenziale Holinger a sei rapporti, con paddle montati dietro al volante.
Questo progetto è partito da un foglio bianco con un programma di ingegneria e sviluppo durato due anni. La BT62 è un’auto che richiede impegno totale e impegno da parte del suo pilota, offrendo immense ricompense e soddisfazioni
Paul Birch | Capo sviluppo BT62
Anche se i rumor parlano di una versione stradale, la BT62 e track ready con ruote anteriori e posteriori da 18 pollici, pneumatici slick Michelin e impianto frenante Brembo carbonceramici con pistoncini in carbonio. Anche all’interno il carbonio a vista abbonda; cinture di sicurezza a 6 punti, sedili profilati, volante in fibra rimovibile e un serbatoio da competizione da 125 litri con sistema di riempimento rapido.
Malgrado sia stata progettata e costruita in Inghilterra, l’auto esce con guida a sinistra di serie mentre quella a destra sarà disponibile su richiesta. Acquistando la vettura si prenderà anche parte ad un programma denominato Brabham Driver progettato per sviluppare tecnica, abilità fisica e focus in grado di sfruttare a fondo le prestazioni della BT62.
Una serie limitata con una geniale idea legata alle livree
La Brabham BT62 verrà prodotta in 70 esemplari, tanti quanti gli anni delle prime gare di jack brabham in Australia. La Brabham Automotive avrà uffici in Inghilterra e nel sud Australia ad Adelaide dove vedrà la luce un impianto produttivo di 15.000 metri quadri e dove verranno costruite le vetture.

La novità intrigante è nella definizione delle colorazioni. Queste saranno riprese da quelle delle monoposto che hanno vinto i 35 GP nei Mondiali di Formula 1. Più precisamente: le prime 35 vetture avranno una livrea che rifletterà una vittoria specifica. Ognuna di queste vetture riporteranno il riferimento del caso su un lato dello spoiler posteriore. La vettura di lancio, ad esempio, rifinita nei colori verde e oro, si riferisce alla livrea portata dalla BT19 con la quale Brabham vinse il GP di Francia del 1966
Le prime 35 vetture saranno in livrea per riflettere ciascuna delle vittorie nel campionato del mondo della 35ma squadra del Grand Prix. La prima vettura, esposta all’evento di lancio, era finita nei colori verde e oro portati dal BT19, che Brabham aveva usato per la prima vittoria della sua squadra nel Gran Premio di Francia del 1966 a Reims.
Brabham e McLaren. Gemelli diversi.
La BT46 è bella, ha linee che non stancano, le volumetrie più tipiche delle migliori GT moderne con riferimenti da istant classic. Ma la domanda è: può la Brabham rappresentare una vera alternativa alla McLaren?
In una cronologia alternativa alla Sliding Doors si potrebbe anche pensare ad una Brabham Automotive nella posizione in cui oggi è la Mclaren Automotive. I due Marchi, all’inizio della loro carriera, si sono presentati spesso appaiati alle porte del destino.
Sliding doors
L’australiano Sir jack Brabham fondò la sua squadra nel 1960, il neozelandese Bruce Mclaren, che fu compagno di squadra dello stesso Brabham nella Cooper dal 1959 al 1961, fondò il suo team nel 1963. Nel 1966 e 1967 la Brabham vince i suoi primi due titoli mondiali con Brabham e Dennis Hulme mentre la Mclaren li vince nel 1974 e 1976 con Emerson Fittipaldi e James Hunt. Entrambe le squadre sono passate sotto una nuova proprietà che ne ha rinvigorito la spinta: bernie Ecclestone comprò la Brabham nel 1971 mentre Ron Dennis la McLaren giusto dieci anni dopo.
Proprio a partire dagli anni ’80 questi destini incrociati che si presentavano appaiati agli appuntamenti della loro storia, incominciavano ad allontanarsi. Dopo i due mondiali vinti da Nelson Piquet con una Brabham progettata da quel genio di Gordon Murray, la sua conduzione incominciava ad allentarsi. Ecclestone era sempre più impegnato a capo della FOCA (l’Associazione Costruttori di Formula 1) nel costruire i diritti commerciali di una Formula 1 che diventerà una macchina di soldi. In una confusione manageriale sempre più marcata Murray passa proprio alla McLaren nel 1986 da lì in poi il triste declino di una squadra che passa di mano nel 1988 per poi dileguarsi definitivamente nel 1992.
Sono anni in cui, invece, McLaren costruisce il suo pedigree con due mondiali conquistati nel 1988 e 1989 proprio con un Murray che lascia la progettazione delle monoposto per concentrarsi su quell’icona assoluta che prenderà il nome di Mclaren F1.
Che cosa sarebbe successo se Ecclestone fosse rimasto alla guida della sua vittoriosa Brabham e non della FOCA? E cosa sarebbe successo se Murray non avesse lasciato il team passando proprio alla McLaren contribuendo a farla diventare anche una rinomata società automobilistica? Magari adesso avremmo scritto diversamente, magari presentando la BT26 come un’altra preziosità della Brabham Automotive affermato costruttore automobilistico.
Adesso, invece, ci troviamo di fronte ad una Brabham che rinasce dalle ceneri, svelando la sua bestia da track day da 700 cavalli e con la neanche tanto segreta speranza di emulare il successo della McLaren e di riprendere, magari, quell’incredibile gioco di destini incrociati spostando la competizione dalla pista alla strada.












