In questi giorni compie cinquant’anni, ma è già da un pezzo che non c’è più. Nel mio personale cartellino la Citroën Dyane, giovane cinquantenne e la Renault 4, rappresentano delle vere e proprie pietre angolari nella storia dell’automobile perché hanno accompagnato i viaggi e i sogni di intere giovani generazioni. Questo è il mio personale tributo
Un altro colpo di Citroën Italia. E’ di quelli che coccolano il passato per alimentare il futuro: ti trovano una Dyane del 1978 di colore rosso, anzi Rouge Geranium, lo stesso della protagonista della mia piccola storia, condizioni pessime ma con quei dettagli che convincono il gruppo di lavoro a riportarla pari al nuovo. Adesso arricchisce il parco stampa e, in attesa di poterla provare, mi affiora nitida la mia lunga esperienza alla guida di una Dyane.
Pensateci.
Spesso è un ricordo che coincide con le origini della nostra emancipazione a quattro ruote; l’auto rappresentava la libertà di viaggiare, di decidere. Ripercorrere l’idea vuol dire rivivere la presenza di persone, luoghi, emozioni che tornano a trovarci.
Per quanto mi riguarda di auto del cuore ne ho due: la Renault 4 e la Citroën Dyane. Stessa impostazione da molleggiate, ma con la prima che, nel mio immaginario, si è sempre atteggiata più ad auto rispetto alla Dyane che lo superava il concetto, per diventare, con più forza, simbolo.
Quando io possedevo e guidavo, diciottenne, una Renault 4 TL bianca, il mio amico più caro rispondeva con una Citroën Dyane, rossa, con tetto apribile rosso. Non ricordo se era un vezzo che si era concesso il precedente proprietario o un optional previsto dalla Casa, ma quel rosso integrale le dava un carattere più marcato rispetto alla mia bianca R4. Il risultato è che noi facevamo coppia fissa, ma con la sua Dyane.
La Citroën Dyane ci accompagnerà per tre anni, la stagione di vita dedicata alle scoperte, alle poche responsabilità, agli amori stagionali, ai progetti sul futuro che ci raccontavamo sotto il cielo stellato guidando di notte per una Roma che, allora, sembrava poter abbracciare e sostenere le velleità di giovani entusiasti.
I dettagli rimasti saldati nella mia memoria sono tanti e marcati: quel suo bicilindrico da 602 cc. che quando lo accendevi innescavi un dondolio dell’anteriore quasi a scrollarsi di dosso il sonno della sosta, il borbottio al minimo che accelerava con la marcia trascinandosi quel suono così riconoscibile, quella sua andatura dinoccolata (le molle elicoidali longitudinali consentivano quella interazione tra anteriore e posteriore che le dava quella morbidezza finale così caratteristica), la posizione del volante quasi orizzontale, il cambio ad ombrello che lasciava quello spazio vitale per le giuste mosse di ragazzi alla scoperta del mondo – ad iniziare da quello femminile – e un abitacolo che era sufficiente per due amici così stretti da dividersi esperienze e viaggi.
Una estate intera on the road a festeggiare il nostro compleanno in compagnia di Dyane
Io e Marco, il mio amico, festeggiamo il compleanno una manciata di settimane di distanza l’uno dall’altro, e allora, ai tempi delle scorribande in Dyane, ci sceglievamo una giornata di mezzo per costruirci un festeggiamento tutto nostro. Per il diciannovesimo compleanno, ci regalammo una estate intera on the road e, alla Dyane, uno stereo. Era un rack di quelli che andavano per la maggiore a metà degli anni 80: lettore cassette, radio, ampli ed equalizzatore. Alla fine un cubo pesante e grosso che sistemammo alla meglio nel sotto plancia della vettura, 4 altoparlanti più due tweeter e due mid range che proprio non ricordo come vennero piazzati, ma partimmo così, con una Dyane discoteca, con la musica di George Benson, due borse e una tenda.
Con l’acquisto di seconda mano, Marco ereditò anche una serie di ammaccature ai parafanghi, ma un successivo piccolo incidente ad un incrocio ci convinse ad iniziare, prima del nostra lunga estate, un tour nelle demolizioni di mezza Roma alla ricerca di quelle parti di carrozzeria così caratteristiche ed evidenti. Quel tormento di bozzi e avvallamenti ne mortificavano lo spirito. Alla fine trovammo tutti i pezzi, erano perfetti, ma di un azzurro cielo che avremmo poi riverniciato.
E invece no. Dopo il montaggio, malgrado l’accostamento audace, il risultato finale ci piacque. Lasciammo così e con un colpo solo ottenemmo un doppio risultato: una Dyane inconfondibile e complice nel sottolineare la nostra presenza e un salutare risparmio alla nostra cassa comune che doveva durarci per oltre due mesi. Le nostre intenzioni erano gioiosamente bellicose e risparmiare sarebbe stata una condizione necessaria. Partimmo in una notte di metà giugno, con il tetto rosso aperto, “Give Me The Night” di George Benson e l’ispirazione che ci entrava nel naso.
Fiutavamo quello che sarebbe stato nell’aria e nei nostri viaggi.
La Citroën Dyane, affidabile, economica, ogni curva un inchino, quelle sue ruote sottili e così caratteristiche. Compagna di vita e di chilometri a migliaia.
Subito dopo di lei iniziò, inesorabile, il tempo della crescita. E quello, si sa, non resta sospeso. Dura attimi.