E mentre Mercedes e Porsche dichiarano il loro sbarco nella Formula E preparandosi ad abbandonare il DTM ed il WEC, dopo le ultime due stagioni che ho seguito con una certa attenzione, il mio giudizio in otto punti sulla silenziosa e politicamente corretta categoria del momento.
[dropcap]È[/dropcap] di queste ore la notizia circa la decisione della FIA di dotare, per il 2018, le Formula 1 dell’Halo. La sicurezza prima di tutto, ma secondo me ci sono dei passaggi da rispettare nella serena consapevolezza che cercare di eliminare ogni potenziale pericolo dal motorsport è quasi impossibile.[ads comp=”Matra” title=”Il leggendario sound del V12 Matra” desc=”Da ascoltare in religioso silenzio il sound del V12 Matra. ” text_link=”V12 Matra Sound” link=”https://www.youtube.com/watch?v=DFUMnV_zml8″ image=”https://cldup.com/vGVvhGMJMw.jpg”]Motorsport is Dangerous scrivono gli inglesi un po’ dappertutto quasi a voler dire “amico mio tu corri e sai. È una tua libera scelta, firma qui e buona gara”. Ed è difficile dare torto a una cosa così.
L’automobilismo da corsa ha pochi segreti per il suo successo: velocità, rumore e pericolo. C’è anche quello. Sì. Anche se siamo nel 2017 un pizzico ce ne vuole. Se non altro la sensazione, perché la Formula 1 è diventata più sicura dell’auto elettrica di mio figlio. E questo è bene. Per me, però, rimangono Velocità e Rumore gli ingredienti più magnetici ed evocativi. Nella Massima Formula la prima sembra ritornata, ma gli ululati dei dieci cilindri, per non parlare di quelle spettacolari sirene che erano i Matra 12 cilindri o i Ferrari, quella roba lì è solo materia per intenditori e nostalgici appassionati.
Ma in questi anni la visione sempre più radicata di una mobilità meno impattante sull’ambiente, ha imposto una intensa ricerca su forme alternative di alimentazione e trazione ed in questo shaker di priorità e valori anche il motorsport è stato investito. Anzi il motorsport vuole e deve recitare il ruolo di pioniere, di elemento trainante nell’innovazione. È giusto che sia così.
In questo nuovo contesto, senza considerare la F1 e l’Endurance ibridi, è la Formula E a rappresentare la visione più netta e radicale della questione. Partecipai alla presentazione del progetto che avvenne proprio a Roma a fine 2012, ma è negli ultimi due anni che ho seguito il Campionato con maggiore attenzione e una idea, al riguardo, me la sono fatta piuttosto chiara. Ed allora ecco il mio punto di vista, anzi i miei otto punti di vista, sulla Formula E.
Piaccia o No, ma il motorsport deve trovare nuovi linguaggi per evolversi e … sopravvivere
La base dei fan è in costante diminuzione. No, non è vero.
I giovani non amano più le auto sono attratti dai social e gli smartphone. No, non è vero.
Dibattiti e confronti al riguardo ne ho visti, ne ho letti. La verità è una sola. La tecnologia avanza, la sensibilità collettiva su tematiche importanti diventa vincolante, i gusti di evolvono e cambiano. Il motorsport deve trovare qualcosa di nuovo per evolvere, ma soprattutto sopravvivere negli anni futuri. Non è solo una questione legata alla ricerca, all’ecologia, ma la necessità di una nuova narrazione della specialità che deve anche cercare di tracciare la propria presenza tra interessi anche solo indirettamente legati al mondo delle corse. Affiancare proposte tecnologicamente affascinanti a quelle che rappresentano l’attuale core della specialità. In questo senso la Formula E la percepisco come l’unica vera novità coerente con il sentiment della maggioranza.
Non sta cercando, per adesso, di conquistare per forza gli appassionati e i tifosi del motorsport tradizionale: i cultori della Formula 1 o quelli della Indy o della Nascar, quelli sono duri da convincere. No, la Formula E sta cercando di calamitare i “millenials” cercando di parlare la loro lingua e utilizzare i loro stessi spazi. E devo dare merito di aver messo in piedi una macchina di comunicazione e marketing veramente micidiale.
La “Formula E” porta la festa tra la gente.
Parliamoci chiaro: gli autodromi sono lontano dalla città, quando si svolgono le gare, che non siano importanti appuntamenti mondiali, i programmi proposti sono per pochi, quasi sempre terribilmente autoreferenziali, non offrono attività di contorno. Insomma, la pista è un tempio magnifico solo per noi appassionati, ma quegli spazi così vasti, non vengono certo impegnati da molte altre persone al di fuori di quelle strettamente coinvolte nel week end di gara.
La Formula E, forte della sua caratteristica tecnica, le piste le ha snobbate sin dall’inizio (e probabilmente continuerà a farlo anche in futuro), i suoi week end di gara li organizza nell’epicentro delle grandi Capitali mondiali, in mezzo alla gente che sta propri lì a prescindere. Cioè la Formula E si è adattata alle esigenze della massa, adattandosi essa stessa. Un giorno per tutto, prove e gare, il resto è festa.
Inoltre la possibilità di utilizzare strutture già esistenti e facilmente adattabili all’esigenza (per esempio: parte dell’Autodromo del Messico Hermanos Rodríguez o l’aeroporto Templehof di Berlino) ha ulteriormente evitato alla logistica dell’organizzazione di intasare le strade.
Il “Next Big Thing” della tecnologia dell’auto rappresenta il centro della Formula E
A prescindere dai gusti di ognuno, la trazione elettrica è destinata a svilupparsi prepotentemente nei prossimi decenni. È un dato di fatto. Senza dubbio la Formula E rappresenta, per ogni Costruttore, il posto più naturale per sviluppare al meglio questa tecnologia elettrica e anche per raccontare a tutto il Mondo, e fondamentalmente a buon mercato, di essere una Compagnia sensibile e attenta alle tematiche ambientali.
L’entrata massiccia dei Costruttori, l’annuncio Mercedes e Porsche è di queste ore, la presenza di Marchi emergenti come partner tecnici creano un mix competitivo molto interessante. La ricerca sulle trasmissioni elettriche ed il conseguente trasferimento sul prodotto di serie è più facile rispetto a quella dei motori endotermici. E’ molto più immediato e diretto il percorso anche nell’ottica dello spettatore non esperto che, a guardare la Formula 1, non percepisce il potenziale collegamento.
Proprio questo è il punto che attira e affianca, nella stessa iniziativa, Marchi consolidati e star-up come Nio o Faraday Future. E’ la stessa Formula E ad essere, per Alejandro Agag CEO della Forma E, una grande start-up:
Ed in effetti è indubbiamente affascinante pensare che questo Campionato rappresenti una grande, unica area di progettazione dove centinaia di giovani ingegneri si stanno misurando e stanno sperimentando. Per la stagione prossima non è difficile immaginare come la gara diventi il main event di una serie di appuntamenti, ad alto tasso tecnologico e coerenti con la filosofia: penso alla realtà virtuale, alla guida autonoma (di RoboRace già si parla come cosa fatta). Non tutto mi esalta, ma mi piace il concetto che il Motorsport, nel 2017, ritorna a recitare il ruolo di precursore, di luogo dove sperimentare, confrontarsi e competere.
Parola d’ordine: controllo dei costi
C’è una tensione costante nel controllo dei costi. E questo è un bene per la categoria. Un approccio che dovrebbe essere comune a tutti i Campionati a tutti i livelli e latitudini. E invece spesso non è così (F1 docet). Tutelare l’assetto finanziario delle squadre sembra che sia un assillo costante di Agag.
L’ultimo esempio è legato all’introduzione del sistema frenante brake-by-wire che consentirebbe un controllo più raffinato della frenata e un maggior sfruttamento dell’energia creata. Una tecnologia anche più adatta all’incremento della potenza atteso (da 200 a 250 kW in qualifica e da 170 a 200 in kW in gara), ma che ha innescato riflessioni tra l’organizzatore ed i team proprio in relazione ai maggiori costi eventualmente necessari. Una soluzione che, comunque, verrebbe adottata nella stagione 2018/2019 dove si attende un deciso incremento dei partecipanti.
Gare coinvolgenti
È uno dei punti di forza. Gare combattute, duelli corpo a corpo, sorpassi garibaldini. Molto è dovuto alla struttura tecnica con auto tutte uguali, una aerodinamica non troppo sofisticata, pneumatici stradali. Al Berlino E-Prix la superpole tra Di Grassi e Lopez decisa da un solo 0,001 secondi oppure a Città del Messico con la grande rimonta dalle retrovie del vincitore.
Capacità di coinvolgere i fans. Si però
È una delle caratteristiche che più mi è piaciuta, ma con un però. Il meccanismo del fanboost è geniale. Mette in relazione appassionato e pilota attraverso i social, investendo il tifoso di un po’ del risultato della gara stessa.
Con il fanboost i primi tre piloti più votati dai fan ottengono un surplus di potenza di 30 kW (circa 40 cavalli).
Ora: l’idea del coinvolgimento è originale, fresca, giovane, ma trovo questa implementazione mortificante per il pilota. La tendenza, che ho registrato seguendo le gare, è che questo boost lo guadagnano i piloti già più veloci forse perché il pubblico di base della Formula E non è un appassionato di corse e si lascia sedurre dal fascino del più forte? Non lo so, ma una cosa è certa: per me è un meccanismo falsamente premiante. Non mi piacciono le critiche senza proposta, ma sinceramente, pur non avendo idee alternative, questa soluzione non mi convince. Da premiare, però, il principio: mettere al primo posto il coinvolgimento dei fan.
Manca il personaggio
C’è un copione di fondo. Sempre lo stesso quando si parla di eventi dal grande appeal. Il personaggio, il cattivo, il grande duello, tutti elementi di una narrazione che appartengono anche agli sport di successo mondiale. Come l’automobilismo, che non scappa da questa regola: il Lewis Hamilton della Formula 1, il Kyle Busch nella Nascar, nella Formula E, in forte crescita (anche politica), questa cosa manca. Tutti i piloti, tutto l’ambiente, con il sorriso stampato grande così, tutto patinato, amichevole, sereno. Ci sono contrasti in pista, ma senza quella cattiveria di fondo che si trascina e che calamita attenzione e dibattito. Ecco, manca la figura polarizzante.
E’ tutto molto … silenzioso
Parafrasando Rovazzi guardare dal vivo una gara di Formula E può essere spiazzante. Manca l’elemento centrale, quello che ho scritto in apertura. Manca il rumore, il suono, la frenesia della velocità che i nostri sensi percepiscono otticamente, ma anche grazie ai suoni. E qui, in Formula E, può essere difficile seguire con attenzione la gara proprio per le stesse ragioni per cui vengono a correre nel centro delle città: la silenziosità intrinseca della monoposto rischia di distrarre gli spettatori che non si accorgono del loro sopraggiungere.
Non ho mai, ancora, partecipato da spettatore ad una gara, ma ho notato, dalle riprese, che al sopraggiungere delle auto, magari quelle di testa, gli spettatori parlavano tra loro e solo all’ultimo guardavano la pista. Semplicemente non se ne accorgevano. Forse la Formula E dovrebbe prendere esempio dai rally quando i marshall suonano un campanello all’avvicinarsi delle auto. Scherzo, chiaramente, ma anche no.
Lo straordinario vantaggio che consente di portare il pathos delle gare al centro della scena di ogni città, ne è anche la maggiore criticità.
Tanta tecnologia, ma non si vede
Spesso osserviamo che il motorsport è diventato un discorso tra addetti ai lavori e poi quando qualcuno sceglie, quali interlocutori principali, spettatori non necessariamente appassionati o tifosi della materia che facciamo, ci lamentiamo?
Tutto vero, ma quando mi capita di spiegare ad un nerd (come me) che la Formula E non è solo un corridoio patinato, faccio fatica a convincerlo. Voglio dire che auto tutte uguali non aiutano ad instillare la curiosità nell’andare a scovare quelle sfumature tecniche che possono fare la differenza.
Una scelta giusta per iniziare senza dubbio, ma che adesso dovrebbe concedere maggior margine di manovra ai team coinvolti. Certo, le novità non mancano: dal 2018 le gare non saranno più divise in due stint grazie all’evoluzione delle batterie che consentiranno una gara unica, ma l’entrata massiccia dei Costruttori dovrà prevedere un margine di manovra maggiore.
La Formula E, per alimentare il suo successo, dovrà affrontare il grande dilemma: consentire quello sviluppo di grandi idee attraverso il crogiolo del motorsport assicurando, nel contempo, una competitività ben distribuita tra tutti i team. Una sfida difficile, ma non impossibile.