Mentre in francia si prepara un piano di aiuti specifico per il settore auto, in italia il governo tratta la questione con pericolosa e irresponsabile SUPERFICIALITÀ
All’inizio di aprile UNRAE aveva disegnato un quadro a tinte fosche e una serie di proposte per il rilancio di un settore strategico per l’intera economia del Paese. Una su tutte: un aggiornamento dell’ecobonus con l’introduzione di una terza fascia di emissione per allargare la propensione al consumo dei clienti e la possibilità di smaltire lo stock fermo nelle concessionarie che è di circa 350.000 vetture. Un controvalore di circa 7 miliardi di euro. E invece cosa ti fa il Governo? Poco più di nulla.
i numeri di un tracollo
La situazione è drammatica: un mercato che già a fine febbraio 2020 registrava un calo costante da 20 mesi e che ha visto, in questo primo trimestre, un crollo dei livelli produttivi della filiera del 21,6% e una diminuzione del totale auto prodotto del 24% rispetto al trimestre gennaio-marzo 2019. Numeri che si riflettono sul mercato nazionale con un incredibile -85,4% di immatricolazioni a marzo e -97,5% ad aprile e un dimezzamento complessivo (-51%) rispetto allo stesso bimestre 2019.
Solo in questo bimestre queste percentuali, trasformate in numeri, valgono – 361.000 immatricolazioni che per lo Stato, solo relativamente al gettito IVA in meno (senza considerare tutto il resto dei flussi in entrata mancanti) significa ben oltre 1.5 miliardi di euro in meno nelle casse.
In questo scenario il Governo, con il suo ultimo Decreto Rilancio, ha pensato bene di rispondere limitandosi al rifinanziamento del fondo per l’autoveicoli a basse emissioni guardandosi bene, ovviamente, dall’estenderne i benefici ad una terza fascia di emissioni oltre a quelle previste (0-20 g/km e 20/60 g/km di CO2) come suggerito dal piano UNRAE.
Se il processo di elettrificazione rappresenta un passaggio centrale in questo complessivo cambio di paradigma della mobilità mondiale, le condizioni per mantenere invariati le gradualità degli interventi sono assolutamente cambiate. L’agenda delle priorità è ben altra, ma sembra che in Italia non venga minimamente considerata.
Al netto degli aiuto offerti alle aziende, la cui rapidità ed efficacia è tutta da dimostrare, la riapertura dei concessionari sta confermando lo scenario drammatico tratteggiato da UNRAE e ANFIA già lo scorso aprile e pensare di chiudere il 2020 con 500.000/600.000 immatricolazioni in meno rispetto al 2019 è una ipotesi per nulla remota che porterebbe la perdita complessiva di gettito IVA a circa 2.5 miliardi di euro.
E questo senza considerare l’anzianità del parco circolante italiano che, a fine 2019, era costituito per il 32,5% a vetture ante Euro 4 e per il 57% da vetture con oltre 10 anni di anzianità.
Il bazooka si sta rilevando un contagocce
Se lato incentivi il Governo latita, su quello liquidità alle aziende …pure.
Secondo quanto dichiarato da ANFIA, la filiera della metalmeccanica, seconda in Europa dopo quello tedesco con un monte occupati di 1,6 milioni di addetti e 430 miliardi di Euro di fatturato, così fortemente interconnessa con il settore automotive, ancora deve riscontrare l’aiuto promesso dallo scorso Decreto Liquidità.
Composto per la maggior parte da piccole e medie industrie, il comparto necessita di interventi immediati ancora bloccati da lungaggini burocratiche che allungano drammaticamente la catena degli interventi. Nessuna buona notizia circa la tanto auspicata semplificazione sulle concessioni delle garanzie e la velocizzazione dell’erogazione del credito e, nel contesto di una competizione internazionale che si mantiene ben viva e salda malgrado tutto, la velocità di risposta delle economie più forti del Continente, stride con la lentezza delle nostre manovre.
Nessun incentivo alla rottamazione, nessuna azione di forza per un comparto strategico che esporta oltre il 50% dei prodotti in tutto il mondo e che, da sempre, dimostra di rappresentare uno dei traini principali di tutto l’economia di un Paese, le solite lente procedure per supportare le imprese con la necessaria liquidità. Cioè: idee poche e confuse, soluzioni intempestive e farraginose.
Non ci resta che l’ottimismo della ragione.