NELLA MATTINATA DI IERI, VIA ZOOM, HO PARTECIPATO ALLA CONFERENZA STAMPA DI UNRAE CHE HA PRESENTATO LE SUE PROPOSTE, GIÀ FORMALIZZATE AL GOVERNO, PER AIUTARE IL SETTORE AUTO
Il settore dell’auto, dei veicoli commerciali e della relativa distribuzione è uno di quelli colpiti più duramente da questa quarantena forzata. Ieri mattina il Presidente di UNRAE (Unione Nazionale Rappresentanti Veicoli Esteri) Michele Crisci, ha tenuto una conferenza stampa in remoto, via Zoom, nella quale ha rappresentato i dati consuntivi del primo bimestre 2020 e del mese di marzo, già rendicontato nel suo prevedibile, drammatico crollo. Durante l’incontro, UNRAE ha ipotizzando due scenari possibili a causa di questo lockdown e ha presentato alla stampa specializzata le proposte formalizzate al Governo.
La pandemia di Covid-19 ha stravolto in una manciata di giorni interi settori industriali e di servizi, in Italia come nel resto del Mondo. Tra questi, il comparto auto rappresenta uno di quelli strategicamente più importanti in tutti i Paesi. Qui da noi, tanto per dare una cifra che già da sola trasmette il senso della dimensione, vale il 10% del PIL.
Ieri mattina la conferenza di UNRAE era molto attesa non solo i per i dati, ma per conoscere le proposte formalizzate al Governo.
Tre pilastri su cui intervenire
La cosa più importante è prevedere interventi organici che si integrino e completino a vicenda. Il primo è sulla liquidità perché, semplicemente, non ci sono più entrate a fronte di costi fissi che bisogna continuare ad onorare. Il secondo pilastro è legato alla protezione dei lavoratori, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche relativo al lavoro ed il terzo punto riguarda un piano di stimolo necessario per far ripartire il mercato, prima fonte di liquidità. L’intervento deve agire in contemporanea ed in sinergia con questi tre punti. Un approccio non organico non porterebbe altrimenti benefici.
Questo lockdown si è abbattuto su un comparto che è partito già in affanno, rappresentando una vera e propria tempesta perfetta. I primi due mesi, infatti, hanno presentato una contrazione, rispetto al primo bimestre 2019, del 7,3% per le autovetture e del 3,6% per i veicoli commerciali. Per quanto riguarda, invece, le immatricolazioni per canali di vendita, spicca il calo a doppia cifra del canale Privati, sceso quasi al minimo storico di rappresentatività. Una crescita consistente del noleggio a breve e lungo termine, da cui ci si attenderà una contrazione più che sensibile nei prossimi mesi.


Interessante anche la tabella che ci aggiorna sulle immatricolazione vettura per CO2 dove appare chiaro che le fasce incentivate sono cresciute a ritmi di tre cifre. Parliamo, però, di segmenti che superano appena il 2% del totale immatricolato. Incentivi che da una parte sono virtuosi, perché aiutano un settore innovativo, emergente e a basso impatto ambientale a crescere sostenendo l’industry e contribuendo ad abituare, educare, il pubblico a questo genere di trazioni, ma non rappresentano certo una risposta adeguata alla contrazione del comparto.
Un crollo drammatico a marzo e gli scenari previsti
Una contrazione senza precedente nel mese di marzo mette in evidenza come l’intervento governativo, richiesto per il settore, deve essere incisivo e coraggioso. Il mercato di marzo perde oltre l’85% rispetto a marzo 2019 con un totale immatricolato di 28.057 vetture contro le 194.273 dell’anno scorso mentre per i veicoli commerciali stiamo su una contrazione del 73,4%.

Di fronte a questa drammatica caduta, ecco che ci sono due scenari che gli analisti di UNRAE hanno ipotizzato. Il primo, quello più ottimistico, parte da una situazione di fatto: già quasi 170.000 auto sono state perse nel corso del mese di marzo e, sulla base di quanto sta accadendo e delle decisioni prese dal Governo nell’ultima conferenza di Conte ieri sera, è più che probabile che questo dato si replicherà per il mese di aprile. Ecco quindi che il primo quadro, quello più “ottimistico” prevede un mese di aprile ancora in chiusura totale per iniziare timidamente dal mese di maggio e con la ripresa completa delle attività nel mese di giugno. In questo caso la curva sconterà un mercato bloccato per tre mesi che recupererà gradualmente. Il secondo scenario più pessimistico, tutt’altro che improbabile dopo i numeri comunicati ieri sera dalla protezione civile, prevede lo scenario best case, ma con ulteriori due/tre mesi di ritardo.


Ai due scenari corrispondono previsioni di vendita drammatiche perché anche nella situazione migliore stiamo parlando di una contrazione di mercato che perderebbe il 32% con circa 1.200.000 auto, un livello che ci riporterebbe alla situazione di profonda crisi del 2008/2009. Lo scenario ancora peggiore ci parla di una contrazione che limiterebbe a 1.000.000 di nuove vetture le immatricolazioni totali. Effetti dirompenti che si rifletterebbero anche sull’indotto e verrebbero influenzati anche dalle crisi degli altri settori e, in generale, quella di liquidità che interesserebbe anche i consumatori finali.

La reazione del comparto auto a questa crisi ha dimostrato la sua reattività nell’adattarsi alle esigenze del mercato affiancando il settore delle forniture sanitarie, ad esempio, riconvertendo in pochissimo tempo parte dei propri impianti alle produzioni sanitarie e offrendo la propria logistica a supporto delle esigenze del momento. Inoltre tutte le filiali delle Case straniere sul territorio stanno cercando di supportare le proprie reti di vendita posponendo e allungando i pagamenti sugli stock delle concessionarie.
Gli interventi proposti al Governo
In questo quadro drammatico gli interventi proposti al Governo riguardano una serie di azioni di supporto e dei correttivi necessari. Partendo dai secondi, si è evidenziato come la rete dei concessionari sia stato messa fuori dal Decreto Legge “Cura Italia” perché non rientrano nel tetto di fatturato stabilito di 2 ML di Euro. Le organizzazioni del sistema di vendita, fatto di distributori e concessionarie non possono essere considerate medie-grande aziende perché a fronte di fatturati e capitali molto importanti i margini di contribuzione sono estremamente bassi che possono misurarsi in un 1% o 2% post tasse. Senza un affiancamento governativo al supporto già avviato dalle Case costruttrici, il settore è a rischio di perdere fino al 20% degli operatori. Si consideri che la forza lavoro impiegata dai 1400 concessionari è di circa 150.000 persone.
Questo senza considerare che la ripartenza non potrà essere allineata con il resto del mercato e che dovrà comunque scontare effetti di poca propensione alla spesa e sfiducia generale. La domanda di autoveicoli rischia di rimanere depressa per molto tempo. Le proposte quindi hanno degli obiettivi precisi e tutte evidenziano come le esigenze della mobilità debbano rimanere centrali nell’azione di Governo. Questo vuol dire anche garantire un ritorno economico importante per le casse dell’Erario. Si pensi che solo di IVA, 100.000 auto immatricolate, significano una entrata per lo Stato fino a 500.000.000 di Euro. Questo vuol dire che, già adesso, la contrazione di questi due mesi di oltre 300.000 vetture significa una perdita di gettito di oltre 1,5 miliardi di euro.
Le proposte sono diverse e articolate. La prima è un aggiornamento dell’ecobonus con il suggerimento di introdurre un terza fascia. Attualmente le fasce di emissione previste per l’ottenimento dell’ecobonus sono due: 0-20 g/km e 20/60 g/km di CO2 (era 20-70 g/km, ma il decreto milleproroghe l’ha ulteriormente ristretto). Questa situazione interviene, come già scritto all’inizio dell’articolo, solo sul 2% delle auto vendute. La nuova fascia allargherebbe la propensione al consumo e più clienti potrebbero acquistare vetture più moderne dal punto di vista ambientale. Il secondo punto è cruciale perché è fondamentale allineare il trattamento fiscale delle auto aziendali a quanto già fatto nel resto dell’Europa. Questa è una proposta strategica per tutto il comparto perché le aziende sono più virtuose negli acquisti a tutto vantaggio dell’Erario, ma anche dell’ambiente visto che ogni due/tre anni (il tasso di rinnovo del parco circolante aziendale) il mercato dell’usato potrebbe accogliere vetture sostanzialmente nuove a tutto vantaggio del potenziale svecchiamento del parco circolante privato
Rispetto alle proposte del punto 2 noi siamo molto lontani: l’aumento del tetto del costo massimo deducibile fino a 50.000 Euro andrebbe a sostituire l’attuale norma che fissa la soglia massima a 18.000 Euro circa. La quota ammortizzabile e della detraibilità al 100% si andrebbe ad allineare alla maggioranza dei Paesi europei. Questo genere di proposte se adottate avrebbero un impatto sul mercato piuttosto corposo. La proiezione 2020, sullo scenario “best case” ipotizzato, potrebbe generare un boost, a livello di immatricolazioni, fino a 200.000 auto (che per l’Erario vorrebbe dire un incremento di gettito IVA di circa 1 miliardo di Euro) e 100.000 nuove immatricolazioni nel peggiore dei casi.

Queste le proiezioni, questo lo scenario e le proposte. Dai numeri appare evidente come il settore dell’auto in Italia sia letteralmente cruciale sia per l’occupazione che per la capacità di generare imponenti flussi in entrata per l’Erario di cui quelli descritti sono solo relativi all’IVA. Appare chiaro che l’intervento richiesto al Governo deve essere proporzionale ai numeri presentati e dovrebbe essere il più lontano possibile da scelte idealistiche, poco ponderate e per nulla attente ad una valutazione dell’insieme delle ripercussioni sul mercato. Un esempio? La diminuzione delle emissioni massime (da 70 a 60 g/km) per accedere all’ecobonus e presentata nel milleproroghe 2020. Di contro la proposta UNRAE è finalizzata e, per certi versi coraggiosa. Ci auguriamo tutti che in una manciata di giorni possa diventare realtà.