Ci sono ancora progetti che nascono con un obiettivo in testa: la pista. Ci sono auto che, come nei tempi d’oro di metà novecento, dell’appartenenza al mondo del motorsport ne fanno blasone. E se al debutto imponi sigillo alla 24 Ore di Le Mans, se pochi mesi dopo replichi alla 24 Ore di Daytona, non puoi non entrare di diritto tra le vetture più iconiche e desiderate dell’ultimo decennio. Questo è il racconto della Ford GT e degli uomini che l’hanno creata
Cosa definireste con la parola “Supercar”? E la conoscete la sua origine? Fu coniata, all’inizio degli anni ’60, dal magazine CAR per racchiudere i modelli più veloci e spettacolari di quello splendido decennio. Erano auto che, lette tecnicamente con i parametri moderni così attenti agli impatti inquinanti, risucchiavano benzina ed emettevano livelli di CO2 da mostri sputa fuoco. Ma erano e restano magnetiche instant classic nell’assoluta bellezza delle loro proporzioni e nel loro sound sopraffino.
Oggi il termine “Supercar” si è evoluto e se il fascino visivo e la focalizzazione sulle prestazioni restano le chiavi naturali di interpretazione, è la compatibilità ambientale a rendere più “politicamente corretto” questo magnifico e iconico segmento. Una maggiore compatibilità che non sta per maggiore economicità quanto per maggiore sensibilità a temi che, volente o nolente, appartengono a tutti. E allora ecco la McLaren P1 o la Ferrari LaFerrari che, con il loro sistemi ibridi plug-in, sono in grado di regalare brevi distanze senza bruciare un grammo di benzina o, grazie alle loro suite elettroniche di controllo, assicurano di tenere il proprietario fuori dai fossi.
Ma oggi voglio parlare dell’interpretazione Ford di “Supercar” moderna. E’ lunga, bassa, leggera e con 600 cavalli sviluppati da un twin-turbo EcoBoost che nasce per coniugare prestazioni, velocità ed anche una certa economia di utilizzo. In proporzione alla cavalleria of course.
E mentre l’attuale produzione di non più di 250 pezzi l’anno viene realizzata alla Multimatic, una fabbrica specializzata ad Ontario, in Canada, la progettazione non è avvenuta all’interno di qualche sfavillante divisione di Ford, con entrate protette da scanner della retina e monitor touch screen alle pareti stile Minority Report. No, tutt’altro. Per capire la genesi di questa GT devi guidare nel rustico Deaborn, nel cuore del Michigan. Qui la presenza Ford è intensa e diversificata. È in questa cittadina dell’area metropolitana di Detroit che a sede lo stabilimento che fu dedicato ai componenti della storica Ford Modello T e che adesso costruisce la Mustang. Ma c’è anche l’Henry Ford Museum, il Quartier Generale e il Ford Production Development Center che nel 1957, anno della sua costruzione, poteva anche impressionare per la maestosità, ora, invece, il suo malcelato stile rétro dissimula parecchio l’attività che si svolge all’interno. Malcelato ancora per poco perché proprio il sito di Dearborn è oggetto di una riprogettazione globale molto profonda che sottolineerà lo spirito della Ford del XXI secolo.
[blockquote text=”Quando, nel 2016, abbiamo dato il via al programma, avevamo due obiettivi primari per la nostra Ford GT: eccellere a Le Mans e avviare le consegne ai clienti prima della fine dell’anno. Li abbiamo raggiunti entrambi” signature=”Raj Nair (V.Pres.Esecutivo Ford. Capo dello sviluppo prodotto”]FORD GT. REALIZZATA A TEMPO DI RECORD
Due obiettivi di facile portata paragonandoli a tutto il resto del programma Ford GT. Mediamente la progettazione di un nuovo modello si sviluppa in una finestra temporale che va dai quattro ai sei anni. E quando l’auto entra nelle concessionarie per la vendita, il team di progettazione sta già lavorando all’iterazione successiva.
Il team di design della Ford GT, invece, iniziò il programma a ottobre 2013 ed al North American International Auto Show di gennaio 2015 venne già presentata nella sua versione quasi definitiva. C’era una scadenza imperitura: scoccava un tempo, prezioso per la storia sportiva di Ford.
Cinquant’anni prima la Ford GT40 aveva vinto la 24 Ore di Le Mans. Era il 1966. La nuova Ford GT aveva il compito di ripercorrere quella strada lastricata di gloria. La morale di questa storia la si intravede proprio tra le righe di un programma di lavoro così serrato.
[blockquote text=”E’ stato un lavoro nel lavoro. Molti addetti al design non l’avevano visto fino a quando non è uscita fuori dal nostro laboratorio. Molti avevano capito che c’era un gruppo che stava lavorando a qualcosa di importante, ma siamo riusciti a dissimulare bene il lavoro. In tutta l’azienda non più di 25 persone ne erano a conoscenza: lo staff di 15 designer e la proprietà”. ” signature=”Moray Callum (V.Pres. Resp. Design) “]Con la GT Ford aveva necessità e voglia di ribadire un principio che si era sbiadito: la capacità di saper progettare e costruire una sportiva senza compromessi in grado di tener testa e rivaleggiare, ad armi pari, con la migliore tradizione del settore. La prima generazione, quella lanciata nel 2004, aveva già fatto intravedere potenzialità, ma non era quella la prova di forza definitiva.
Il laboratorio a Dearborn non era raggiungibile così facilmente. Me lo immagino, uno stanzone messo lì in disparte, alla fine di lunghi corridoi e stanze piene di pezzi in argilla di carrozzeria, ali, ruote, accessori, nuove linee nate per sperimentare stilemi, magari esperimenti nati male e impilati uno sopra l’altro pronti e disponibili per trascorrere ore a costruire un Frankenstein meccanico mai visto prima, a mettere insieme fantasie dei progettisti mal parcheggiate.
Camminare tra i corridoi di Dearborn, camminare tra i segreti di un Marchio fino ad arrivare in quel seminterrato a cui nessuno pensava: “era un magazzino dove si mettevano i blocchi di polistirolo che servivano a costruire i modelli in scala e lì, nell’angolo, c’era anche un piccolo officina meccanica dove si riparavano le auto di sviluppo”.
Sarebbe diventato, in poco più di un mese, il laboratorio segreto del team della Ford GT. Luci sul soffitto per rischiarare a giorno, una pulizia profonda, mentre Moray Callum girava per l’Azienda per mettere insieme la squadra di lavoro: “non è stato facile, alla fine ho creato un mix di giovani e vecchi.” Ci pensa su … “ giovani e più esperti, dovrei dire”.
Creare una squadra di lavoro piccola e competente aiuta a gestire riservatezza e mantenere alta la reattività. Di fatto, per il progetto più eclatante degli ultimi anni, Ford ha costituito al suo interno un vero e proprio commando concentrato, tutto, intorno ad un obiettivo comune: la performance.
Craig Metros è il direttore del design esterno di Ford, ma è molto di più. Vive e lavora in giro per il mondo, negli studi di design di Ford in Germania, Inghilterra, Italia e Giappone, e la sua casa è a Melbourne. È la casa/studio di un artista perché non è solo un car designer, ma parte del suo poco tempo libero lo divide nel creare quadri, miscelando tecniche che richiamano materiali e modo di trattare i colori che appartengono al mondo dell’auto, a curare ed evolvere la sua hot road Ford Model A del 1931 e a surfare sulle giuste onde australiane. Un tipo così come può non influenzare positivamente lo spirito di un progetto come questo?
La Ford GT ha 600 cavalli, una costruzione leggera dovuta al vasto utilizzo della fibra di carbonio, con una linea che richiama idealmente la leggendaria Ford GT40, quella che sconfisse Ferrari e Porsche, ma l’esercizio di stile non è un semplice richiamo che già avvenne con la prima generazione presentata nel 2004, è molto di più.
[blockquote text=”Tutti vorrebbero lavorare ad un auto come questa. La prima cosa su cui abbiamo lavorato è stato il motore. L’abbiamo completamente cellofanato per immaginarci sopra e intorno le linee della parte posteriore. Proprio grazie a questa intuizione, in galleria del vento ci siamo resi conto che dividere la zona del parafango dalla carrozzeria avrebbe dato grandi risultati.” signature=”Craig Metros “]La parte posteriore, infatti, guardarla da vicino, a soffermarsi sui dettagli, ti svela soluzioni radicalmente differenti da qualsiasi altra concorrente.
Il motore da 3,5 litri V6 turbocompresso è giusto la metà rispetto al V8 della GT40 vincitrice di Le Mans. Una separazione che lavora egregiamente sui flussi d’aria contribuendo a ridurre resistenza aumentando, contemporaneamente, deportanza e stabilità alle alte velocità.
La vista dall’alto esalta la sua forma a goccia, la forte curvatura del parabrezza e le varie canalizzazioni aerodinamiche sono funzionali non solo alla penetrazione ottimale, ma anche al raffreddamento. La cura aerodinamica prevede anche dei componenti attivi come lo spoiler posteriore che si estende e si inclina in funzione della velocità e delle condizioni di guida. Così come altri dettagli che sono stati deliberati coniugando magnificamente le esigenze di stile con quelle di una ricerca aerodinamica e di gestione dei flussi piuttosto esasperata.
I fari posteriori circolari, per esempio, che presentano la parte centrale aperta per consentire lo sfogo dell’aria calda proveniente dal sistema di trasmissione e dei radiatori dell’olio. Oppure come i terminali di scarico. La loro posizione rappresenta certamente una componente fortemente emblematica del design di Ford GT, ma l’integrazione nella sezione centrale della carrozzeria ha anche lo scopo di massimizzare le prestazioni del diffusore nella parte inferiore indirizzando il flusso d’aria verso la parte superiore della carrozzeria “Anche l’abitacolo è stato progettato – continua Metros – seguendo le precise esigenze aerodinamiche”.
A guardarlo si percepisce che sembra essersi sviluppato intorno ad un flusso d’aria. Internamente è estremamente raffinato, ma ci sono delle soluzioni che sono state deliberate esclusivamente in funzione dell’ottimizzazione degli spazi. Come i sedili di guida, per esempio, che non sono montati su rotaie, ma fissati alla scocca. Sono la pedaliera ed il volante a diventare regolabili.
l risultato d’insieme, sia esterno che interno, rappresenta un incredibile salto in avanti rispetto alla Ford GT del 2005. Ogni scelta rispetta rigorosamente il concetto di forma e funzione, che si spinge fino a diventare un approccio di stile che tende a esporre il più possibile gli elementi strutturali dell’auto. È un approccio in netto contrasto con l’interno più imponente della Ford GT del 2005, impressione che si ripete anche esternamente con linee scolpite e estremamente più sofisticate che, pur volendo ricordare quelle della GT40, non le emulano più, come nella prima generazione, ma ne reinterpretano le forme in chiave moderna sfruttando anche le possibilità offerte dalla fibra di carbonio che consente di deliberare forme molto più estreme e complesse.
Forme complesse che sono il risultato di varie prove. In quel deposito trasformato in laboratorio segreto ci sono ancora i vari modelli a grandezza naturale che mostrano le diverse evoluzioni in cui è passato il processo di progettazione. Simulazioni digitali, galleria del vento, sono gli ingredienti principali, ma non gli unici. Forma e funzione regnano, ma nella delibera finale è l’estetica a condizionare le scelte.
Il risultato di questo lavoro intenso, esaltante, difficile è sotto gli occhi di tutti. Al successo commerciale (in pochissimo tempo si sono esauriti i lotti di produzione annuali) si è affiancato quello sportivo con la Ford GT da corsa che è diventata il nuovo punto di riferimento nella categoria GT.
La nuova Ford GT rappresenta la supercar del XXI secolo: il concetto si è evoluto, mantenere un’esperienza di guida coinvolgente rimane l’output necessario, ma deve accompagnarsi ad un comportamento equilibrato, una ricerca raffinata sui materiali, una costruzione impeccabile e un controllo dell’impatto ambientale rigoroso.
La nascita di una supercar moderna si accorda anche con un modo di comunicare altrettanto moderno, anzi, con un modo di comunicare di un tempo che, in questi ultimi anni, sta riprendendo piede: la narrazione multimediale diventa il potente supporto per sostenere e dare giusta eco alla nascita di un mito. Ford ha fatto tutto questo alzando il sipario sull’intero progetto, raccontandolo in una web serie di 5 puntate. La prima, apre questa storia.
Un docufilm costruito benissimo. Una media di 5 minuti a puntata per raccontare lo spirito di questa sfida, le facce di chi ha rischiato reputazione e soldi per rinnovare l’immagine di un Costruttore generalista che ha incastonato, nel corso della sua vita, momenti di vera gloria agonistica.
Se non l’avete ancora visto, partite da qui, da questa prima puntata. Se, invece, già la conoscete, vale la pena rivederle a pieno schermo per capire, ancora una volta, come il mondo dell’auto sia pieno di sfide meravigliose.