La prima edizione del Motor Show gestione Fiera di Bologna si è conclusa. Il mio parere è semplice: promossa. Mi è piaciuto per una serie di ragioni e soprattutto perché ho visto tanti, tantissimi under 20 e 30 con buona pace di chi dispensa la fine dell’auto come oggetto di passione e di culto da parte dei giovani.
Ai tempi d’oro del Motor Show io mi trasferivo praticamente 15 giorni a Bologna. A prescindere dai ricordi di una città accogliente e piena di spunti interessanti, quello che mi hanno lasciato 12 anni di edizioni a cui ho partecipato è la massa di gente che assaliva lo stand alla ricerca di adesivi e poster, ma anche migliaia di persone più attente e curiose, meno asagitate e che camminavano tra gli stand con la voglia di scoprire e capire. E sognare.
C’erano due tipologie di persone quindi. E poi c’erano le sottocategorie ché guai a farti subito il tuo parere, magari seduto sul divano del tuo stand. Cioè c’erano quelli che, rientrando a casa, inziavano ad archiviare con la perizia di un bibliotecario tutto l’inverosimile che si erano portati via, mentre quelli attenti e curiosi la finivano lì, uscendo a Piazza della Costituzione, dandosi appuntamento, forse, all’anno seguente.
Adesso, dopo un anno di pausa, il Motor Show è tornato. Un nuovo staff ad organizzarlo e promuoverlo (la Fiera di Bologna direttamente) e la mossa giusta di non stravolgerlo nella sua struttura originaria, concentrandosi più sui contenuti che sulla forma. Ho trovato azzeccato quello di offrire spazi uguali (o quasi) per tutti. Rende più agile, veloce, la partecipazione delle Case e concentra l’attenzione dei visitatori sul contenuto. Poi il ritorno in grande dell’Area 48 che, per noi appassionati di motorsport, è un Marchio nel Marchio. Tutto mi è sembrato molto immediato nella percezione e nel messaggio che voleva veicolare. Si riparte non da zero, ma consapevoli che lo scenario da dove si proviene è quello di una kermesse travolta da una crisi che avrebbe dovuto imporre riflessioni importanti per tentare di rimodulare una offerta rimasta, invece, schiacciata dalla voglia di riproporre spettacolo e grandi stand in un contesto dove spettacolo e grandi Case stavano preparandosi a levare le tende da tutti i palcoscenici del mondo ( ed in alcuni casi anche dal mercato).
Non è ripartito da zero, non ha tradito la sua forza, quella di essere destrutturato a tal punto da riuscire potenzialmente a proporre sempre cose nuove mantenendo il fil rouge che tutti conosciamo, ed ha fatto bene. La prova? La presenza tutt’altro che minimalista di Case automobilistiche: il Gruppo FCA, Aston Martin, Bentley, Pagani, Lotus, il Gruppo PSA, Renault e Nissan, Mercedes-Benz e Smart e poi Toyota, Ford, Suzuki, Tesla e sicuramente ne scordo altri. E poi l’area 48, questa volta gestita direttamente dall’ACI Sport (cosa che trovo molto giusta perché il concetto della divisione dei compiti e ad ognuno le cose che sa fare mi trova un convinto assertore) con gare e piloti e dove ho intravisto la potenzialità di un appuntamento agonistico di fine stagione che ritorna imperdibile.
Alla fine delle due settimane si parla di una presenza abbondantemente superiore alle 200.000 persone, siamo lontani anni luce dagli spettatori degli anni d’oro, ma la strada intrapresa, per me, è quella giusta. Essere originali, un po’ fuori dagli schemi e creare contaminazioni. Questo lo spirito originale del Motor Show che ho ritrovato, ancora come accenno, in questa edizione della rinascita.
Forza Motor Show e ad majora.