Ho aspettato qualche giorno prima di scrivere queste righe. Definire bizzarra la nuova campagna di Jaguar è un elegante eufemismo
L’obiettivo di Jaguar era segnare una revisione completa del suo posizionamento quando avrebbe dovuto celebrare e aggiornare ciò che un tempo la rendeva grande.
Non è un periodo facile per nessun Costruttore europeo. La transizione sta imponendo un riassetto di tutti gli equilibri per un riposizionamento sul mercato dell’elettrico lungi dall’essere definito e chiaro. Molti marchi si stanno ripensando per far fronte a nuovi concorrenti e non tutti possono permettersi di affondare a piene mani nel proprio heritage per riproporsi a nuovi e vecchi utenti con una base tecnologica differente, ma con uno stesso spirito, stile e visioni rinnovate che partono, però, da lontano.
In Jaguar hanno sbagliato tutto quello che potevano sbagliare
Evidentemente non basta avere un passato glorioso per partire con il piede giusto. No, perché in Jaguar hanno sbagliato tutto quello che potevano sbagliare: una reputazione scintillante offuscata negli anni da scarsa affidabilità e da un garage di modelli non eccelsi, una azienda passata da una società all’altra per poi approdare alla corte indiana della Tata Motors e vedersi surclassare da Land Rover. L’anno scorso un umiliante rapporto di vendita di 1 a 6 con la sua consociata ha certificato un fallimento sul mercato totalmente immeritato per il passato del marchio e adesso, in attesa del grande salto verso una gamma corta completamente elettrica, ecco che la produzione si è, per adesso, fermata. Non il suo “brillante” reparto comunicazione, però.
Un rebranding che ha generato confusione e scetticismo.
Il lancio di un rebranding coinvolge tanto la comunicazione quanto il design e l’allontanamento così netto dal posizionamento originale di Jaguar senza una narrazione coerente o una chiara motivazione, ha ulteriormente intorbidito le acque
Mancano pochi giorni al 2 dicembre quando al Miami Art Week verrà svelato un nuovo concept che tratteggerà il nuovo corso Jaguar. Ma quale sarà?
Gamma corta, tutta elettrica e distribuzione da galleria d’arte
In attesa di vedere questo concept, la nuova gamma Jaguar del 2026 sarà costituita (sembra) da 3 modelli EV verosibilmente venduti al doppio del prezzo di quelli attuali.
La società prevede di mantenere non più del 15% degli attuali clienti per spostarsi verso acquirenti più giovani, benestanti e urbani (mmhh) e per far questo le nuove Jaguar saranno “esuberanti”, “moderniste” e “avvincenti” per onorare la visione del suo fondatore Sir William Lyons che descriveva ogni Jaguar “una copia del nulla”. Chissà adesso, il fondatore, quante giravolte.
Anche la distribuzione verrà completamente rivista con una drastica riduzione delle concessionarie il cui numero complessivo verrà integrato con una serie di negozi curati direttamente dal marchio in cui si esporranno opere d’arte con la presenza di cucina raffinata. Il primo di questi sarà a Parigi il prossimo anno.
Un asset distintivo completamente cambiato
Nel mondo del branding, il modo in cui comunichi il cambiamento è importante tanto quanto il cambiamento stesso. Il rebranding non riguarda solo nuovi loghi o slogan accattivanti; riguarda la narrazione, riguarda il portare il tuo pubblico con te nel viaggio e rispettare l’eredità che ti ha portato fin qui.
In questo senso gli asset distintivi del marchio sono completamente cambiati a cominciare dal nome jaGUar che secondo l’azienda si tratta di “una combinazione perfetta di caratteri maiuscoli e minuscoli in perfetta armonia visiva”. Piuttosto sembra uno sbaglio tipografico, un intoppo piuttosto che una ponderata riprogettazione.
Il giaguaro nella sua dinamica postura che tutti conosciamo è stato ingabbiato in una qualcosa tipo rilievo su ottone molto meno impattante e infine la proposta di un monogramma che personalmente mi sembra più adatto per una elegante sala da tè.
Vogliamo parlare del video?
Ultimo, ma non ultimo vogliamo parlare del video? Una sconcertante esposizione di immagini astratte con un cast eterogeneo in abiti futuristici, svolazzamenti vari, che brandiscono mazze e sputano banalità come “Non copiare niente”, “Vivi in modo vivido” e “Rompi gli schemi”. Di auto neanche l’ombra e non esiste alcun collegamento tangibile con ciò che Jaguar fa realmente.
Quando ho smesso di vedere il video confesso di aver riso a crepapelle. Non per la gioia o l’apprezzamento per l’audacia della nuova visione, ma per la pura, fottuta follia dell’intera faccenda.
Il patrimonio è importante e rispettarlo è un obbligo
Jaguar insieme ad Aston Martin e Rolls Royce. Sono questi i marchi di auto britanniche, la stessa McLaren non ha l’immediatezza di questi tre brand quando parliamo di immaginario collettivo. Questo si chiama posizionamento ed è il risultato di decenni di lavoro, di amore e di legame emotivo e interrompere tutto questo senza una visione chiara e ben comunicata non solo è un’opportunità persa, ma è una ferita autoinflitta.
Ho sentito le dichiarazioni post video della dirigenza Jaguar, ho percepito l’insistere su un reset che vuole significare un ritorno alle origini del marchio e ai suoi valori e l’unico risultato ottenuto, per adesso, è un sentimento che cade nel vuoto a causa di una esecuzione senza chiarezza capace solo di alienare la base di clienti esistente.
Se Jaguar vuole essere un vero marchio di lusso, deve smettere di preoccuparsi di cosa sia il lusso generico e imparare semplicemente a essere molto specificatamente sé stessa.