Ogni auto ha una sua storia, quella che c’è dietro questa Apollo IE racconta di un ricco appassionato di Hong Kong di 45 anni che ogni sera si ritira a casa dalla famiglia per l’ora di cena, che gira tranquillo con un Mercedes Vito. Lontano anni luce da questo oggetto che lui ha voluto e finanziato facendo rinascere il marchio Apollo
Si chiama Norman Choi, 45 anni CEO della Apollo Automobili. Viene da Hong Kong e ci racconta di uno stile di vita tutto lavoro e famiglia. Uno strano contrasto con il suo nuovo ruolo di guida della Apollo Automobil GmbH che ha ripreso dopo che la società, nell’agosto 2013, presentò istanza di fallimento. A capo del consorzio Ideal Team Venture di Hong Kong, già titolare del marchio De Tomaso, Choi ha rilevato la Gumpert rinominandola Apollo Automobil GmbH per realizzare questa hypercar V12 da 2,7 milioni di dollari e 335 km/h.
Diciamo subito che c’è molta, moltissima Italia in questo oggetto ipervitaminizzato. Choi è convinto che un marchio che ha tenuto per diversi anni il record del Nurburgring tra le vetture di produzione (7’11″57 stabilito ad agosto del 2009) meritasse di rivivere con una versione ancora più estrema ed esplicita. Una convinzione che l’ha convinto ad investire una quantità industriale di denaro.
Al Salone dell’Auto di Ginevra la Apollo presenta il concept Arrow, ma 19 mesi più tardi, l’Intensa Emozione, ci svela come questo concept fosse solo una timida anticipazione della filosofia progettuale di questa Apollo rinata, come una fenice, dalle ceneri della Gumpert e il cui design si spinge molto, ma molto al di là di quanto anticipato.
L’Italia culla della Intensa Emozione
La IE doveva rappresentare un salto di più generazioni rispetto all’esplosiva Gumpert Apollo. C’era ben poco da prendere e aggiornare dalla precedente esperienza. Il telaio in tubi cromo molibdeno era poca cosa per gli obiettivi della nuova Apollo cosi come il motore, il twin-turbo V8 non si addice allo stile della IE. La decisione di spostarsi verso il sud Europa, nella Patria delle supercar è stata una valutazione di naturale conseguenza. Nulla di moderno per il cuore: un V12 urlante normalmente aspirato doveva essere il biglietto da visita e un telaio monoscocca in carbonio per intorno al quale costruire il vestito, la scelta migliore.
Due partner Tricolore quindi per questa sorprendente rinascita: la Manifattura Automobili Torino di Paolo Garella e la cremonese Autotecnica Motori per il V12.
La M.A.T. di Garella la conosciamo per quel bellissimo racconto a quattro ruote che si chiama Scuderia Glickenaus con la SCG003 stradale derivata dalla P4/5 da corsa. Proprio grazie all’esperienza fatta con questa vettura, alla M.A.T. hanno realizzato un telaio in fibra di carbonio piuttosto stretto e compatto grazie alla presenza di un motore aspirato che non abbisogna di tutti quegli accessori necessari per un’unità sovralimentata, ma comunque in grado di ospitare un motore 12 cilindri e un serbatoio di benzina da 100 litri.
Il risultato finale è un telaio monoscocca interamente in carbonio compresi i telaietti di supporto sia anteriore che posteriore e le strutture antiurto che risultano perfettamente integrate nel design complessivo. Il peso di 104 chili concorre a determinare quello finale di 1250 kg distribuito con un rapporto di 45/55. Numeri che non necessitano di commento!
Le dimensioni parlano di un passo di 2,69 metri con una lunghezza totale di poco più di 5 metri (5,02) e una larghezza di quasi 2 metri (1,98). L’altezza da terra di 110 mm di default può variare grazie al controllo idraulico degli ammortizzatori con una finestra che fa dai 60 ai 160 mm. L’altezza complessiva è di 1,13 metri, non sali, ma scendi nell’abitacolo.
Gli ammortizzatori regolabili sono stati realizzati da Bilstein mentre la configurazione delle sospensioni prevede un doppio braccio oscillante con architettura “Push rod”, asta a spinta e bilanciere sia davanti che dietro con barre antirollio regolabili. Per i track day la Apollo IE è dotata anche di impianto sollevamento pneumatico mentre il compito di frenarla è affidato a quattro dischi Brembo in carbonceramica da 380×34 mm con caliper a 6 pistoncini davanti e 4 dietro. I cerchi in lega sono firmati dalla BBS con un set-up che prevede ben due configurazione da strada e da pista. Quella da strada prevede cerchi da 20″ all’anteriore con pneumatici Michelin Sport Cup2 da 265/35 e posteriormente cerchi da 21″ con pneumatici da 325/30. Per i track day più infuocati un cambio veloce per montare l’altro treno in dotazione che prevede all’anteriore cerchi da 18″ a calzare pneumatici Michelin slick 300/680 mentre al posteriore sempre un 18″ con slick 310/710.
Anche il cuore è italiano
Tutto questo ben di dio telaistico made in Italy non poteva che essere sintonizzato con un’altra produzione Tricolore. Il 12 cilindri (derivazione Ferrari?) da 6,3 litri è stato realizzato da Autotecnica Motori che ne ha curato anche il software di controllo e l’impianto di scarico. Le prestazioni dichiarate parlano di 780 cv a 8.500 g/m e una coppia di 760 Nm a 6.000 g/m. La trasmissione è affidata ad un’unità Hewland da corsa sequenziale a 6 marce, elettroattuata con comandi al volante. Nel 2019 sarà disponibile un automatico a doppia frizione. Il sistema di controllo della trazione è a 12 livelli e tre modalità di guida: Wet, Sport, Track.
Il mix di una tecnologia avanzata, ma non spaziale, l’utilizzo di un’unità motrice “vecchia scuola” che promette emozioni a tonnellate in grado di scuotere tutti i sensi, materiali di altissima qualità, sono tutti elementi che suscitano clamore, meraviglia e applausi, ma, per me, l’aspetto più affascinante della faccenda rimane il suo design esterno così estremo (non ho ancora detto bello, ci sto pensando) e soprattutto gli autore di queste forme. Giovanissimi designer con un breve, ma intenso curriculum, uno dei quali, Joe Wang responsabile degli esterni ventisettenne, che ha lavorato da casa. Un giovanissimo designer che ha progettato un’auto da oltre 2 milioni dal salotto di casa sua. Mi piace. Joe Wang dopo la laurea alla Huddersfield University in Inghilterra passa da una breve esperienza alla McLaren prima di diventare il capo del design di Apollo. Il responsabile degli interni, Jakub Jodlowski, prima di quelli della Intensa Emozione, si occupava di quelli della DS. Due carriere brevi, probabilmente intense, e subito una scommessa così elettrizzante.
Nell’abitacolo si accede da porte che si aprono verticalmente, una versione ancora più estrema dell’apertura ad ala di gabbiano. La soglia di ingresso, a guardare le immagini del telaio nudo, è molto larga e una volta che riesci a scavalcarla ti devi far scivolare dentro un abitacolo che avvolge letteralmente i suoi due occupanti. Dettagli in alluminio fresato, pelle, fibra di carbonio a vista, un volante a mezzaluna rimovibile e con diverse regolazione disponibili lungo le sue razze interne come le dieci regolazioni del sistema di controllo elettronico o quelle dell’ABS o, ancora, i sistemi di sollevamento idraulico e di regolazione delle sospensioni. La strumentazione si avvale di un pannello TFT con una grafica studiata ad hoc messo a punto dal team tedesco.
Edizione limitatissima
Del prezzo ne ho già parlato, 2,7 milioni di Euro. Il numero totale degli esemplari sarà di 10, tutti altamente personalizzabili e costruiti in Italia. Lo sviluppo è stato affidato a Marino Franchitti, il pilota inglese fratello di Dario Franchitti quattro volte vincitore della 500 Miglia di Indianapolis. Le intenzioni di Apollo è organizzare anche un programma esclusivo di Track Days per i clienti della vettura sulla falsariga dei Time Attack su i più importanti circuiti europei. Un’occasione anche per sviluppare soluzioni e idee per le future produzioni della Apollo Automobil GmbH.
Due giovani designer, uno di origini cinesi e uno polacco, un team di sviluppo italo-tedesco, un finanziatore che gira con una Mercedes Vito e ritorna sempre a casa, dalla famiglia, per l’ora di cena. Una struttura nata senza pregiudizi e compromessi, punto di ritrovo di una cultura internazionale in grado di partorire un oggetto altrettanto esplicito, finalizzato, estremo. C’è quanto basta per ritornarci su. Presto.