Questo è il racconto di uno dei grandi piloti della Formula 1. Non il più vittorioso, non il più famoso al grande pubblico, ma sicuramente tra i più talentuosi, belli e affascianti che il motorsport abbia mai avuto. François Cevert, il principe
A François Cevert non piace correre sotto la pioggia. A 200 km/h, nella scia di un’altra vettura, la visibilità è nulla. L’acqua diventa una nebbia opaca nella quale i piloti corrono alla cieca. Muri che tenere giù è questione di cuore. Ma François ne ha tanto e non se la cava male sul bagnato. Proprio sotto la pioggia vinse la gara più importante della sua carriera, quella che ha segnato il suo destino: il Volante Shell 1966.
Una occupazione da fannulloni
François Cevert è figlio di buona famiglia. Abitava a Neuilly, nella regione parigina. Un padre importante commerciante in pietre preziose e che non voleva, insieme alla madre, sentir parlare di competizioni. Nel loro immaginario era occupazione per miliardari scansa fatica e gigolò, gente come Alfonso de Portago, capace di inseguire e morire per un subbuglio di immagini: bella vita, donne e coraggio fine a se stesso.
Nel loro immaginario era occupazione per miliardari scansa fatica e gigolò, gente come Alfonso de Portago, capace di inseguire e morire per un subbuglio di immagini: bella vita, donne e coraggio fine a se stesso.
Figlio di emigrati dalla Russia nel 1905, Charles Goldenberg, poco prima che scoppiasse la guerra, aveva incontrato Huguette Cevert, una ragazza molto bella con gli occhi chiari. Erano tempi difficili, vissuti nel sotterfugio perché lui era doppiamente ricercato dalla polizia tedesca sia perché era parte della Resistenza e sia per le sue orignini ebree.
L’amore allieva la sofferenza e coccola la speranza, quella di tre figli generati dalla loro unione: Elie, François e Jacqueline, dichiarati con il cognome da ragazza della madre.
Dopo la Liberazione, Charles Goldenberg si rimetterà al lavoro con tenacia per offrire un avvenire sicuro ai suoi ragazzi. Un uomo così, pratico e finalizzato. Le stravaganti ambizioni di suo figlio erano inconcepibili per lui.
Una passione scritta nel DNA
François però, attirato più dallo sport che dagli studi, per i suoi obiettivi buttava dentro la stessa caparbietà del padre. A forza di insistenza lo convinse che la metropolitana parigina non era compatibile con gli orari della scuola, ci voleva una moto. Ma nei suoi piani la moto serviva per cose ben più serie. Come cronometrare il tempo che impiegava da Neully al Boulevard Arago, a Parigi. La sua scuola era il traguardo.
Ma nei suoi piani la moto serviva per cose ben più serie. Come cronometrare il tempo che impiegava da Neully al Boulevard Arago, a Parigi. La sua scuola era il traguardo.
Da qui alla voglia di misurarsi in una competizione ufficiale è un niente. La sua prima corsa nella categoria “sport” con la sua Norton 500 è scelta d’impulso, non aveva la minima idea del valore del materiale dei suoi concorrenti, ma nonostante ciò è sesto quando il suo motore grippò. Jean Pierre Beltoise, il campione motociclista idolo di tutta una generazione, si complimentò con lui per il suo comportamento in gara “…ma occhio non andare troppo forte”. Sarà l’unica corsa motociclistica di François.
Un sogno: le corse automobilistiche
François era un giovane che amava godere di tutti i piaceri della vita. E la vita è stata generosa con lui. Di una bellezza abbagliante, François era capace di scegliersi il meglio con cui circondarsi: lo sport, la buona cucina, i buoni vini, la musica che ha studiato con passione e il dettaglio di 15 anni di piano classico.
![](https://www.motorsportrepublic.com/wp-content/uploads/2020/11/Francois-Cevert-nella-sua-Tyrrel.jpg)
Le ragazze, poi. Un mondo che gli apparteneva integralmente. Un fisico da play boy e grandi occhi blu erano armi letali per il gran numero di conquiste che gli sono attribuite. Indossatrici, attrici note e ammiratrici anonime. Tra i suoi idilli quelli con Alexandra Stewart o Brigitte Bardot sono finiti sulle prime pagine delle riviste specializzate ma, più che ogni altra, una donna ha veramente contato nella sua carriera di pilota: Anne Van Malderen.
Se François è diventato pilota lo deve in parte a questa graziosa bionda dalle gambe interminabili. Nanou, come la chiamava François. Fu lei a iscriverlo alla scuola Bugatti sul circuito di Le Mans e fu sempre lei che si sforzò di convincere André de Cortanze, il direttore della scuola, che François sarebbe stato capace di seguire i tre corsi in una sola giornata. E François ci riuscì, cosa che non si era mai vista fino a quel momento.
Il volante Shell
Il volante Shell, una scuola di pilotaggio nata nel 1962 per iniziativa del responsabile della rivista Sport Auto, fu la seconda tappa del rapido percorso di avvicinamento di François Cevert al professionismo da corsa.
In nessun caso voleva seguire la via professionale tracciata da suo padre, faceva piccoli lavori, dalla vendita di dischi porta a porta al rappresentante di abbigliamento. Nanou, da parte sua, destinava il denaro che guadagnava esclusivamente alle gare.
Durante l’estate del 1966 i due giovani passarono tutti i loro week end a Magny-Cours. Tico Martini, l’istruttore della scuola, ammirò sin da subito la determinazione del suo allievo. L’obiettivo era vincerlo, il Volante Shell. Perché non era un diploma, ma una occasione per entrare dalla porta principale nel mondo delle competizioni. Nelle due settimane che precedono la prova, François si rifiuta di guidare una qualsiasi altra auto che non sia la monoposto della scuola. Il suo obiettivo era diventare un tutt’uno con essa, azzerare il tempo d’adattamento, quando dovrà dare il meglio di se al suo volante.
Se quel giorno non avessi vinto, non sarei mai diventato un corridore …
François era consapevole della posta in gioco, lo sente il clima del o la va o la spacca e in quelle due settimane diventa maniaco dei dettagli arrivando a decidere anche i menu della sua alimentazione.
Il 26 ottobre del 1966 è la pietra angolare della sua vita. Per vincere il Volante Shell non bastava realizzare un buon tempo, ma bisognava essere il migliore in pista tra tutti quelli selezionati. Otto i giri del circuito: tre di riscaldamento e cinque cronometrati. Vinceva chi sarebbe stato il più veloce. Punto. Verso le 11, al momento del sorteggio dell’ordine di entrata in pista, pioveva a dirotto.
Qualche istante prima di scendere in pista, François rivide Jean-Pierre Beltoise, questa volta membro della giuria, fu incontro non gradito: fitto fitto a dar consigli al suo favorito Patrick Depailler. “Questo bastardo sta dando di nascosto delle dritte al suo amichetto! Io lo faccio fuori il suo cocco di mamma, così imparano a vivere tutti e due”.
Lo sfogo fu con la sorella senza sapere che la sorte, un po’, stava già girando a suo favore; Jacqueline, in seguito, diventerà Madame Beltoise.
![La sorella di Francois Cevert, jaqueline sposa Jean Pierre beltoise](https://www.motorsportrepublic.com/wp-content/uploads/2020/11/Jean-Pierre-Beltoise-e-Jaqueline-Cevert-sposi-715x1024.jpg)
Mentre Nanou cronometrava il suo protetto, a Jacqueline venne affidato il compito di segnalatrice, non con una tabella dei tempi, ma con il suo impermeabile giallo; nel caso François non andasse abbastanza veloce le sarebbe bastato agitarlo un po’. Un segnale visibile e indicativo.
Quando fermò la Merlyn, dopo cinque giri fatti in apnea, dell’impermeabile giallo neanche uno sventolio. François Cevert era stato il più veloce. Nettamente più veloce degli altri.
Mancano Patrick Depailler, un corridore motociclista di 22 anni, e Robert Mieusset, il vincitore della coppa nazionale R8 Gordini. Depailler allunga un po’ troppo le sue zone di frenata e, con una media di 108,789 km/h contro i 109,024 km/h di Cevert viene battuto in pieno. Mieusset, semplicemente, esce di pista.
Jean-Pierre Beltoise decise di dare una seconda chance al suo protetto proponendo una sfida a due: Cevert contro Depailler. Per tutti il vincitore era già incontestabile, ma François si sentiva in giornata pronto a raccogliere il guanto di sfida: “Nessun problema. Sono pronto a salire nuovamente in auto.”
Alla fine la giuria concluderà che la differenza fra i due piloti era troppo netta e François Cevert venne consacrato Volante Shell 1966. La ricompensa del vincitore è una vettura da competizione di Formula 3 da scegliere tra una Alpine e una Matra. François sceglie la Alpine, ritenuta meno costosa dal punto di vista della manutenzione, ma Jean Rédelé, direttore dell’Alpine e presente al concorso, ingaggerà Depailler come pilota ufficiale, abbandonando subito il vincitore del Volante Shell che si ritroverà con una vettura già superata e poco competitiva. Sette anni più tardi, nella primavera del 1974, Patrick Depailler succederà a François nella scuderia di Ken Tyrrell.
![Francois Cevert alla guida della Alpine A270 F3](https://www.motorsportrepublic.com/wp-content/uploads/2016/11/Alpine-A270-F3.jpg)
Domani devo vincere
Il Gran Premio degli Stati Uniti, con un premio per il vincitore di 50.000$, è uno dei più graditi della stagione. Un week end che inizia nel relax e nell’allegria con un grande torneo di golf, vinto grazie ad un handicap piuttosto fantasioso, dal pilota Lotus Pete Lovely e una gara improvvisata al volante dei cart elettrici messi a disposizione dei golfisti.
Le cose serie cominciano il pomeriggio del venerdì, con la prima delle due sessioni di prove di quattro ore. Il tracciato è stato modificato, il rivestimento nuovo e molto abrasivo costringe tutti i team a trovare il giusto bilanciamento, compreso le Tyrrell-Cosworth di Jackie Stewart e François Cevert afflitte da un forte sottosterzo. Ken Tyrrell e Derek Gardner, l’ingegnere di François, ne provano di soluzioni, si consultano con gli specialisti dei pneumatici, ma il difetto non diminuisce.
![](https://www.motorsportrepublic.com/wp-content/uploads/2020/11/Francois-Cevert-Ken-Tyrrell-e-Derek-Gardner-1024x682.jpg)
François si ricorda di un consiglio datogli l’anno prima al Nürburgring da un ingegnere che si trovava ad affrontare lo stesso problema: aumentare il camber negativo delle ruote anteriori in modo da renderle perfettamente perpendicolari al suolo quando la vettura è in pieno appoggio, al massimo del suo rollio. Derek Gardner non è convinto ma, davanti all’insistenza del suo pilota, fa eseguire questa regolazione solo sulla sua vettura.
Il sabato pomeriggio delle prove cronometrate la pista è decisamente più gommata, alla Tyrrell decidono di utilizzare le Goodyear G26 a mescola morbida e alla fine la pole è di Stewart con François quinto a soli 5 decimi.
Terza fila, per nulla preoccupato e molto lusingato. Non ha avuto il tempo di realizzare una prestazione migliore perché Ken Tyrrell gli ha chiesto di “tirare” Peter Revson, il pilota americano della terza vettura, in modo che potesse migliorare la sua posizione in griglia di partenza. Un ruolo che prima era affidato a Stewart, una dimostrazione di fiducia dal suo team principal che conferma il suo talento.
Tra il campione del mondo e il suo giovane compagno di squadra si era creata una amicizia eccezionale. François ci metteva il suo carattere: concentrato, rigoroso, intelligente e umile. E’ una spugna che imbeve i suggerimenti di Jackie Stewart. In tre stagioni Jackie modellerà François a sua immagine, con l’ambizione di vederlo succedergli nell’albo d’oro del Campionato del Mondo.
E’ lo stesso Jackie Stewart che François Cevert aveva battuto nel Gran Premio di Formula 2 di Reims, facendo così impressione su Jean-Luc Lagardère che gli aprirà immediatamente le porte della Matra.
Nel maggio del 1970, quando Johnny Servoz-Gavin stava lasciando la Tyrrell, François Guiter, del gruppo Elf, aveva espresso il desiderio di vederlo sostituito da François, un giovane pilota francese in cui lui credeva. E quando Ken Tyrrel e Jackie Stewart, che prima avevano sondato Emerson Fittipaldi, Tim Schenken, Peter Gethin e Clay Regazzoni, assistettero alla corsa di Crystal Palace, nella quale François aveva tenuto testa a lungo allo stesso Stewart prima di abbandonare, si resero conto che, anche se mancava ancora d’esperienza, François era l’uomo che faceva per loro.
![Cevert a bordo della March 722 con la quale al Crystal Palace stabiliì il giro più veloce](https://www.motorsportrepublic.com/wp-content/uploads/2020/11/francois-Cevert-March-722.jpg)
Stewart è stato il mio professore. Egli ha cercato di trasmettermi tutte le qualità che lui aveva, tutto quello che bisogna sapere per essere un buon pilota. Mi ha insegnato a correre. Mi ha insegnato l’arte di forgiare un carattere vincente.
François Cevert
Credo che chiunque ami le corse automobilistiche continui da solo
Il debutto di François in Formula 3 fu piuttosto disastroso. Lui, che non dubitava di vincere il Campionato fin dalla sua prima stagione, deve fare i conti con una ricorrente mancanza di affidabilità.
Non sapeva nulla delle competizioni automobilistiche e pensava che era sufficiente caricare la monoposto sul rimorchio della sua Peugeot 404 per prendere la partenza di ogni gara. Fu quindi molto sorpreso, alla sua prima corsa, quando gli chiesero se aveva i rapporti giusti al cambio. Si mise in testa di smontarlo con le tre o quattro chiavi che si era portato e fu solo per merito di Bobby Tyrrell, il secondo figlio di Ken, che poté rimontarlo. La stagione fu una serie quasi ininterrotta di delusioni.
Delle ventidue corse alle quali prese parte nel 1967, sedici termineranno prima del tempo per un guasto meccanico. François e Nanou erano talmente a corto di soldi che dovevano fare ricorso ad ogni risorsa, anche per trovare un letto dove dormire.
La maggior parte delle volte François aveva solo il denaro necessario per comprare la benzina. Se non si qualificava – perdendo il premio di partenza – non era nemmeno in grado di ritornare a casa. Con l’aiuto di Nanou, Jacqueline trovò un lavoro come dattilografa, con uno stipendio di 900 franchi al mese che le permettevano di darne 500 al fratello. Il padre di François, invece, manteneva la sua decisione iniziale per mettere il figlio nell’obbligo di scegliere: “… o tu diventi serio e vieni a lavorare con me o tu continui a fare le tue stupide corse e non sei più mio figlio”.
Già nel 1964 Charles Goldberg aveva usato la sua influenza presso il presidente dell’AGACI (l’Associazione francese dei piloti), Maurice Mestivier, un suo amico, affinché François non fosse ammesso a correre nella Coppa delle Provincie organizzata da Sport Auto e Europa 1. Furioso, François Cevert lasciò la casa di famiglia per non farci mai più ritorno. Malgrado i risultati catastrofici, François era più che mai deciso a continuare sulla via scelta. Prende appuntamento con i responsabili della Shell che gli danno fiducia e fa il giro delle multinazionali per chiedere loro denaro. Molto probabilmente François è il primo pilota francese che tenta di trarre profitto dalla nuova legge che autorizza la pubblicità sulle auto da corsa.
Grazie alla sponsorizzazione della ditta di estintori Sicli, François Cevert ordinò alla bolognese Tecno dei Fratelli Pederzani una Formula 3 che gli venne consegnata per la corsa di Monthlery, il 12 maggio 1968. E François la vinse. La prima della sua carriera. Anche per lui è in marcia la rivoluzione sociale. François vinse ancora a La Châtre e a Jarama in Spagna e diventò rapidamente la stella nascente dello sport automobilistico francese. Trionfa ancora a Nogaro per ritrovarsi alla Coppa della Velocità di Albi, per l’ultima corsa della stagione, a tre punti da Jean Pierre Jabouille, il suo rivale per il titolo.
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Un week end pieno di contrattempi e problemi malgrado la vettura sia stata completamente rialzata a Bologna, alla sede della Tecno. Durante le prove di qualificazione si ruppe il pedale del freno alla frenata in fondo al rettilineo, un gran spavento. Ma è sulla griglia di partenza che François rischiò di perdere tutte le sue speranze: la Tecno n° 5 si rifiutò categoricamente di mettersi in moto.
Jean Pierre Jabouille pilota e gentiluomo
Molti meccanici offrirono spontaneamente il loro aiuto, ma la partenza era imminente. François era annichilito. Fu a questo punto che si formò una coalizione di amici in suo favore: il giornalista Gérard Crombac, fervente sostenitore di François, si precipito dall’organizzatore Tony Roche per chiedergli di ritardare la partenza. Pierre Bonnin, direttore del servizio competizioni della Shell, si diresse verso Jean-Pierre Jabouille per chiedergli se fosse stato d’accordo ad aspettare qualche minuto, il tempo necessario perché la vettura di François fosse riparata: “Se François non parte questa corsa non ha senso. Aspetterò che sia pronto.” Gli altoparlanti annunciarono al pubblico il motivo del ritardo e una salva di applausi salutò la sportività di Jabouille.
La corsa dei due fu straordinaria: ambedue guidavano all’estremo limite delle possibilità delle loro monoposto, ma François a poco a poco riuscì a guadagnare terreno dal suo avversario. La bandiera a scacchi salutò François Cevert Campione di Francia.
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Nanou si precipitò verso di lui. Piansero l’una nelle braccia dell’altro. Finalmente riuscirono a toccare con mano quella felicità tanto inseguita.
Un anno più tardi, sullo stesso circuito, Jean Pierre Jabouille è nuovamente leader del campionato davanti al Volante Shell 1967, François Mazet, quando la sua vettura si rifiuta di mettersi in moto. Tutti si precipitarono allora verso Pierre Bonnin, che questa volta supportava Mazet, per domandargli di ricordarsi della sportività di Jabouille l’anno prima e ottenere la sua autorizzazione a rimandare la partenza della corsa di qualche minuto. Bonnin però si rifiutò spietatamente di accordare il rinvio a Jabouille che rimarrà a guardare da bordo pista François Mazet vincere il titolo.
Dopo la vittoria mi sono detto: dopo tutto non è così difficile vincere un Gran Premio quando si ha una buona vettura
Sul circuito di Watkins Glen la nebbia si è alzata ed è apparso un bellissimo cielo blu. Anche se le Goodyear G26 si sono rivelate sensibilmente più veloci delle G16 a mescola dura, non è sicuro che possano durare per tutti i 59 giri del Gran Premio.
Ken Tyrrell decide di assumersi il rischio e François Cevert è ben lieto di aver fatto modificare il camber all’anteriore della sua monoposto perché, al contrario del suo compagno di squadra, soffrirà meno del sottosterzo e quindi dell’usura delle gomme.
François fa una partenza eccellente e si ritrova immediatamente dietro Dennis Hulme. Sul rettilineo approfitta della sua scia per superarlo appena prima della zona di frenata, non senza lasciare spazio a sufficienza per il suo compagno, Jackie Stewart, che si tuffa nel buco e passa in testa alla corsa.
Hulme supera nuovamente François che però lo bracca per sei giri, fino a risuperarlo definitivamente in staccata e sempre alla fine del rettilineo.
Le due Tyrrel allungano sul resto dei concorrenti fino al momento in cui Stewart inizia ad avere gravi problemi di gomme. Jackie fa segno a François di passare, e di guadagnare una leadership che si porterà fino alla bandiera a scacchi.
Soltanto Jacky Ickx, che sta guidando la vecchia Ferrari 312B1, ancora una volta più veloce del modello più recente, riesce e tenere il suo ritmo fino ad avvicinarsi a due secondi da François. Ma oggi, per Cevert, è il giorno che dà significato ai suoi anni di sacrifici, oggi non ce n’è per nessuno, risponde colpo su colpo agli assalti del pilota belga che deve arrendersi quando l’alternatore della Ferrari si stacca dal cambio sporcando d’olio anche parte del circuito.
A dieci giri dalla fine gli viene mostrato un tabellone “+32 Siffert” una tranquillità, ma di breve durata, l’imprevisto arriva nella forma di una chiazza d’olio, quella lasciata dalla Ferrari di Ickx, subdola, spalmata in una curva e non segnalata dai commissari, troppo indaffarati a liberare la McLaren-Cosworth di Dennis Hulme che si è incastrata nelle protezioni.
François perde il controllo della sua monoposto, parte in sbandata e urta a sua volta le protezioni, fortunatamente di lato. L’urto è troppo debole per causare danni alla Tyrrell ma François alza il piede durante gli ultimi otto giri, facendo molta attenzione a non deconcentrarsi. Passa la linea del traguardo con ambedue le braccia alzate: ha appena vinto il suo primo Gran Premio.
L’arrivo vittorio di Cevert al Glen. La sua prima vittoria nello stesso circuito in cui, due stagioni dopo, perderà la vita.
“…a quanto pare non è poi così difficile vincere un Gran Premio quando sia ha una buona vettura” pensa in quel momento. Ha lucidamente atteso la sua giornata e, alla fine, questa è arrivata.
I risultati arrivano senza che sia necessario rischiare il tutto per tutto in ogni gara. Adesso è in Formula 1 e le bagarre all’ultima staccata dei tempi della Formula 3 sono finiti. Nel giro d’onore gli ritorna in mente la frase di Ken Tyrrell che non smette mai di ripetergli: “Se tu muori non potrai diventare un eroe e allora è meglio aspettare…”
Le corse induriscono il cuore. La morte è compresa nel contratto
Nella sua prima gara in Formula 1, il Gran Premio dei Paesi Bassi 1970, aveva visto la tragica morte di Piers Courage. Per tutta la corsa la vettura ha continuato a bruciare, con il casco dello sfortunato pilota che rotolava in mezzo alla pista.
François rimase profondamente scosso per questa scomparsa, ma sa altrettanto bene che le corse induriscono il cuore dei piloti e quando sulla stessa pista di Zandvoort, nel luglio del 1973, lo sfortunato Roger Williamson perirà in circostanze simili, non proverà la stessa emozione, allo stesso modo in cui ha cancellato dalla sua memoria la sua uscita di pista a più di 300 km/h durante le prove del Gran Premio d’Italia del 1970.
Lui non aveva toccato nulla, ma il giorno dopo, 200 metri più avanti e mentre girava ad appena 140 km/h, Jochen Rindt era uscito di strada e si era ucciso. François era rimasto lucido, sapeva che la morte è inclusa nel contratto di ogni pilota.
La mattina del 6 ottobre 1973 François è in gran forma. Osserva il suo meccanico, Jo Ramirez, mentre prepara la sua vettura: “Vedrai il tempo che farò segnare! Hai notato che io guido la Tyrrell 006 numero 6, motore 66 e oggi è il 6 ottobre? E’ la mia giornata!”.
Sono le 11:54 quando la Tyrrell n. 6 rientra nel suo box. Con 1’40”44 François ha appena fatto segnare il quarto tempo nelle prove del Gran Premio degli Stati Uniti che si disputa sul circuito di Watkins Glen, lo stesso in cui ha conseguito la sua prima e unica vittoria due anni prima. Ha la sensazione di poter migliorare ancora e battere i tempi di Peterson, Reuteman e Fittipaldi.
Al terzo passaggio François stacca il suo miglior tempo con 1’40”03. Percorre il giro seguente in 1’40”07. Non completerà mai il quinto giro. François sa di disporre della vettura giusta per vincere; entra largo nella sequenza di curve destra-sinistra-destra in leggera salita chiamata le “S”, ma resta con l’acceleratore schiacciato a fondo. Perde il controllo e urta il piccolo cordolo. La vettura s’invola, urta le protezioni, attraversa la pista e s’incastra sulla barriera di sicurezza del lato opposto.
Una cappa di piombo si abbatte sul circuito. François Cevert è morto.
![](https://www.motorsportrepublic.com/wp-content/uploads/2020/11/Lincidente-di-Cevert-1024x774.jpg)
NON ARRIVERA’ AI TRENT’ANNI. L’AVEVA PREVISTO UNA VEGGENTE.
Il 29 giugno 1966, quando aveva appena iscritto François al Volante Shell, Nanou aveva consultato una veggente. “Supererà un esame, avrà un grande successo. Vedo una carriera molto brillante, ma…” La veggente aveva taciuto un momento e poi aveva semplicemente aggiunto: “… devo dirtelo: questo ragazzo non arriverà mai al suo trentesimo compleanno.”
François non credeva in queste cose e era andato lui stesso alla fine di settembre a vedere la veggente, sicuro che gli avrebbe predetto un avvenire diverso, ma la risposta fu del tutto identica. Il Gran Premio degli Stati Uniti del 1973 fu l’ultima corsa di François, appena prima del suo trentesimo compleanno.
3 commenti
Bell’articolo Marco, complimenti! Non vedo l’ora di vedere come si evolverà questo sito… 😉
Cavolo Claudio non so come hai fatto a leggerlo perché ancora ci sto lavorando, ma ancora non l’ho ufficializzato. 😉 Ti ringrazio comunque per il tuo messaggio. Ho messo un like sulla tua pagina FB, ;-). Mi piace e la seguirò
Great Hommage! I had the chance to own this psrticular Tecno F3 you have on the article…In green livery number 5…It was in 2000 or 2001 I think…Apparently it has now disappeared