Gli scenari sono quelli che sono e in questo momento il percorso verso l’elettrico è complesso e tortuoso. Ma siamo sicuri che il 2030 rappresenterà il passaggio definitivo alle auto elettriche per tutti?
Prima di tutto: sono favorevolissimo all’elettrico, ma dentro un quadro complessivo volto a premiare un approccio più neutrale e aperto. Così come batterie ed efficienze dei motori elettrici subiranno un atteso sviluppo tecnologico, altrettanto lo saranno le evoluzioni lato motore endotermico e carburanti.
Parliamoci chiaro: la spinta così affannosa verso l’auto a “emissioni zero” è una decisione principalmente politica e non industriale e il settore dell’auto, anzi, deve anche scontare una imbarazzante inerzia che non ha certo aiutato a “guidare” un processo politico che sa anche tanto di accanimento punitivo. Ricordate il diesel gate e il come l’automotive ha voluto furbescamente by-passare le norme sulle emissioni?
Detto questo, il percorso che si sta affrontando rappresenta strada obbligata per tutti i Costruttori che, se da una parte incorpora una interessante sfida tecnologica, manageriale e umana che coinvolge moltissimi aspetti, dall’altra è una roulette russa per tutti i CEO che si trovano a prendere decisioni e tratteggiare strategie in un contesto aeriforme e magmatico.
“Fit for 55”: solo auto elettriche dal 2035
Gli obiettivi di molti Costruttori sono chiari, il 2030 rappresenterebbe il passaggio all’elettrico puro, lo switch-off definitivo dell’endotermico, quasi una sfida a voler anticipare gli obiettivi proposti dal progetto “Fit for 55” che prevede una generale riduzione di emissione di gas serra del 55% entro il 2030 puntando al settore auto a cui imporre una riduzione di emissioni media del 55% entro il 2030 per azzerarla del tutto nel 2035. In pratica da quell’anno in poi sul mercato si potranno acquistare solo auto elettriche. L’iter verso l’approvazione è appena iniziato, ovviamente non si escludono modifiche sostanziali alle misure e la lobby dell’auto ha già iniziato ad attivarsi per cercare di arrivare ad una decisione definitiva più morbida e meno traumatica.
Grandi proclami e tanti distinguo
Una legge che principalmente viene scritta seguendo l’onda emotiva, della politica e della logica degli schieramenti, non sarà mai una buona legge e questo perché, ragionando con razionalità, non è un mistero che dall’auto arrivi soltanto il 12% delle emissioni complessive.
Come sta rispondendo l’industria del settore? Tra i più “vivaci” manager che stanno cercando di evidenziare dei necessari distinguo troviamo Carlos Tavares che più volte ha ribadito che l’auto elettrica ha un costo di produzione superiore del 50% rispetto a quella termica e che le conseguenze possono essere di enorme portata. In una intervista di Federico Furbini per il Corriere della Sera ha ribadito che “c’erano modi più economici e veloci per ridurre le emissioni e il metodo scelto non permette ai Costruttori di auto di essere creativi per trovare idee diverse”. Il continuo aumento di prezzo delle vetture elettrificate ed elettriche che attualmente e in tutta Europa, si vendono grazie agli incentivi statali, rischia di tagliare fuori una fetta ingente di popolazione che, comunque, non si potrebbe permettere “… prezzi che si aggirano attorno ai 30.000”.
Dal punto di vista dei costi supplementari, il percorso per riassorbirli attraverso una maggiore efficienza della produzione rappresenta una sfida quasi impossibile per Tavarers: “ …significa avere in cinque anni aumenti di produttività del 10% medio all’anno. L’industria automobilistica in Europa raggiunge di norma un aumento tra il 2% e il 3%”. Vedremo tra qualche anno quali produttori saranno sopravvissuti e quali no”.
Ma non è solo l’AD del Gruppo Stellantis a puntare il dito contro l’abbandono integrale del termico perché anche Ford ha dichiarato di avere grandi progetti sui motori termici ad iniziare da una riduzione radicale della complessità, sullo stesso piano Hyundai e i tedeschi di BMW e poi Toyota, Mazda che non intendono minimamente abbandonare il termico quanto piuttosto lavorare su architetture più efficienti e, quindi, con impatti sulle emissioni ancora migliori. Una lista che si allunga di mese in mese proprio perché l’elettrico, che rimane la scelta obbligata per tutti, può convivere con una offerta elettrificata dove benzina e diesel possono trovare ancora il loro giusto spazio sul mercato della mobilità individuale e commerciale.
E i Governi?
In tutto questo, ci sono anche loro che incominciano a puntualizzare politiche e strategie nazionali. La Germania non ci sta a fermare la produzione e la vendita di motori benzina e diesel nel prossimo decennio e lo fa puntualizzando che c’è un fronte sul quale punterà interesse ed investimenti: i carburanti sintetici. Saranno questi, per il Ministro dei Trasporti Volker Wissing, a tenere in vita i motori endotermici. Anche l’Italia, con il Ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani parla di un processo che va portato avanti senza accanimenti ideologici, ma considerando che la creazione di una rete infrastrutturale adeguata passa attraverso un aumento delle fonti rinnovabili che rappresenta un processo nel processo. Quindi: nel medio termine è altrettanto saggio puntare anche allo svecchiamento del parco auto e, in questo senso, i motori Euro 6 Full magari elettrificati rappresentano uno scenario certamente più credibile, ma soprattutto in grado di ridurre al massimo i costi sociali. Giusto vero? Poi, però, il Governo ha confermato che lo stop definitivo ai motori endotermici sarà 2035 per le vetture e 2040 per il commerciale leggero. C’è sempre un po’ di confusione nell’aria…
Sì, però, forse …
… confusione e un approccio ideologico. Questo sembra il piano globale tracciato dall’Europa politica. Vogliamo un altro, ennesimo esempio? Nell’ultima Conferenza delle Nazioni sui cambiamenti climatici che si è tenuta lo scorso 31 ottobre/12 novembre a Glasgow, la COP26, si produce un documento, non vincolante, per eliminare le emissioni delle auto entro il 2040 quindi ben oltre il 2030. Ebbene, oltre agli Stati tra cui Cina, Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, anche diversi costruttori non hanno firmato questo patto di indirizzo: BMW, Renault, Hyundai, Stellantis, Toyota e Gruppo Volkswagen.
Il sentiero della transizione è maledettamente complesso, articolato, che cambierà profondamente gli assetti economici e sociali di molti Paesi. Il progetto di sostenibilità è molto ampio e la decarbonizzazione è solo una parte di questo. Puntare tutto sull’automotive vuol dire partire con un approccio di metodo già fallimentare. In partenza.