Al Motor Show di Bologna, nella mitica e rinata Area 48, la Citroen C3 Max alla sua ultima gara arriva seconda nella sfida riservata alle vetture Turismo. A 0,03 secondi dalla Seat Leon Cup vincitrice della sfida. Il pilota è Massimo Arduini. E’ lui che, dopo averla sviluppata alla fine del 2014, la accompagna alla meritata pensione. E io, invece, vi racconto la sua nascita e gli uomini che vi hanno lavorato.
[dropcap]A[/dropcap]l Motor Show di Bologna la Citroën C3 Max ha chiuso il suo ciclo nel migliore dei modi; conquistando il secondo posto con il suo creatore Massimo Arduini a pochi millesimi dalla più potente Seat Leon Cup. Nel toboga dell’Area 48 ancora una volta la C3 Max saluta tutti dimostrando l’eccezionale qualità di un progetto privato coordinato da Arduini e realizzato dalla pistoiese Procar. Nel corso delle due stagioni agonistiche cui ha partecipato, con un 2016 ricchissimo che l’ha vista sia in pista che in salita, la C3 Max ha dimostrato un tale livello di competitività, affidabilità e cura del dettaglio da poterla paragonare tranquillamente ad una realizzazione ufficiale. E invece i francesi di Citroen Racing non c’entrano in questa avventura, ma è stato il supporto di Citroën Italia a testimoniare la qualità di un lavoro che merita ancora di essere raccontato.
E allora ci provo a dare il mio contributo perché di questa bellissima sfida mi sento di appartenere in piccola, piccolissima parte. Della C3 Max ho già scritto qui e qui, adesso vorrei ritornare al punto e ripartire. E non senza un pizzico di malinconia e l’orgoglio di chi ha fatto parte di un gruppo selezionato di giornalisti coinvolto in questo lungo e meraviglioso racconto a puntate.
Tra piste e salite, questi due anni sono stati un bellissimo viaggio che è possibile ripercorrere a ritroso seguendo le tracce sparse sui magazine, sui social e sui vari siti. Perché la Citroën C3 Max li ha punteggiati di video, foto ed articoli ottenendo un grandissimo successo di ascolti e di seguito (quello che gli esperti di cose della Rete chiamano engagement). Una prova, ennesima, che il motorsport con le sue regole, la cultura, il tribalismo, la bellezza, la bruttezza, le abitudini, i suoi protagonisti, i risultati sportivi, è in grado di innescare partecipazione spontanea e dibattiti. Tutte queste interazioni aprono ad una pletora di narrazioni cui anche la Citroën C3 Max ne fa parte. Lei stessa si porta dentro storie da raccontare.
Ho iniziato a seguirne l’avventura a partire dal suo debutto, nel 2015 prima come spettatore, appassionato osservatore, e poi come chi aspettava il suo turno con trepidante attesa e curiosità.
Ecco, osservare. Questo verbo transitivo che si porta dentro una miriade di significati per me vuol dire cercare di conoscere, scoprire la genesi delle cose. La Citroën C3 Max non era (ed è) solo una splendida auto da corsa, ma è un insieme di storie diverse che si intrecciano tra loro creando occasioni nuove da scoprire e da percorrere. E quando osservi, porti con te la tua personalità ed esperienza, un punto di vista soggettivo su ciò che stai vivendo. E allora ogni storia prende i colori di chi la vive e la racconta. Ogni storia è uguale e diversa nello stesso tempo. Per questo considero la narrazione un momento fantastico per vivere la passione.
“Era la fine del 2014, quando Eugenio Franzetti (allora Responsabile Comunicazione Peugeot in Italia N.d.A.) mi convoca chiedendomi idee da sviluppare su Citroën” – mi racconta Massimo Arduini titolare del Team Course & Reglage – Con la mia società (la Lug Prince & Deker – N.d.A.) seguo il Gruppo PSA nell’organizzazione di eventi e di progetti speciali, ma ad una richiesta del genere, io che mi sento un uomo di motorsport, non potevo non ricondurre la questione ad un programma specifico. E poi c’erano anche gli uomini della Procar di Pistoia che per Citroën già rappresentavano il braccio ufficiale per il settore rally. Farli debuttare in pista era una sfida nella sfida. Troppo intrigante non proporla, un’idea così.”
Detto. Fatto.
Eugenio Franzetti, per noi malati di motorsport, è un manager illuminato. Pochi altri, come lui, in Italia considerano la partecipazione alle gare un elemento di traino. Ma più che sul prodotto, sul Marchio. Pochi altri, come lui, riescono ancora a non farsi stressare dalla visione di breve periodo che mette il fattore prezzo al centro di una strategia di lancio e posizionamento. Nel Gruppo PSA Italia hanno sempre respirato alto, promuovendo la partecipazione diretta alle competizioni come un passaggio valido per raccontare lo spirito che anima la Marca, ma anche quello di un gruppo di lavoro affiatato e coeso.
“Per PSA il motorsport ha una doppia funzione – quando parla delle sue passioni, che appartengono anche a strategia della Casa, Eugenio Franzetti si fa serio anche nella postura, perché è difficile estraniarsi dal ruolo, anche se la fortuna di viverle per lavoro gli regala quel sorriso costante che avvicina e coinvolge – il primo è quello della ricerca e sviluppo sui prodotti e sulle tecnologie. L’esasperazione delle competizioni permette di trovare e sperimentare quelle tecnologie che poi, tutto o in parte, arriveranno sul prodotto dei clienti. L’esempio è la RCZ Racing Cup. Evoluzione da corsa della RCZ con motore da 260cv. Due anni dopo Peugeot ha lanciato sul mercato internazionale la RCZ R, la vettura stradale con un motore 1.6 litri da 270cv. Poi c’è il motorsport come strumento di comunicazione sul Prodotto e sulla Marca. Io lo considero un vero e proprio tool di marketing, che ha la finalità di comunicare la Marca, i suoi prodotti e le sue performance dandone anzitutto notorietà tra gli appassionati, poi notorietà tra il pubblico generalista ed infine immagine positiva legata alle vittorie. Sono proprio queste che chiudono il cerchio con il punto 1. Ovvero il cliente penserà che la vettura che compra è ottima anche perché è fatta dagli stessi che vincono le competizioni.”
Chiaro, limpido, cristallino. Applausi.
La macchina si mette al lavoro. Da una parte Citroën Italia (anzi la Filiale italiana del Gruppo PSA) a dare il cappello di ufficialità alla cosa, Massimo Arduini a coordinare un gruppo di lavoro multidisciplinare che sta per formarsi, competenze e specializzazioni da mettere assieme, persone che non si conoscono, unite da una comune passione e professionalità. Le idee di partenza, quelle, costringeranno invece a dei ripiegamenti:
“La prima idea era quella di impiegare la C1. Il pensiero di rendere la più piccola della gamma veloce e spudorata anche nell’estetica mi intrigava moltissimo e piaceva anche alla Comunicazione di Citroën. Ma presto ci scontrammo con dei vincoli insormontabili. L’unità 1.6 THP semplicemente non ci stava dentro. Come sai la condivide con Toyota e, anzi, mi spinsi un po’ spudoratamente a chiedere loro il motore evoluto. Quello della Yaris WRC!”
Cavolo, e loro?
“No. Hanno detto no.”
Beh, in effetti con il senno di poi è stato anche meglio: sicuramente andava flangiato e sicuramente i costi di gestione sarebbero stati ben più alti. E quindi?
“Durante la prima riunione con Eugenio Franzetti si era deciso di affidare alla Procar di Pistoia lo sviluppo della vettura ed è con loro che individuammo nella C3 l’alternativa. E poi ho scoperto in Paolo Sabattini e Gianpaolo Gori due persone fantastiche. Il primo per le qualità manageriali e per la pacatezza, il secondo … un Adrian Newey del Turismo. Puro genio!”
L’uno Presidente e l’altro Direttore Tecnico della Procar Motorsport. Li ho conosciuti durante la mia gara ad Adria e la definizione di Arduini, che tratteggia come pacato Sabattini, la trovo molto adeguata. Il fatto è che durante le qualifiche, mentre anche Massimo era in pista con la 308 Mi16 TCS, l’ho avuto in radio ad aggiornami sui tempi. E mi ricordo i suoi commenti e i crono che mi passava, il tutto con una flemma britannica così lontana dalla concitazione del momento.
Proprio la pacatezza di Paolo rappresenterà uno dei punti di forza durante la costruzione della C3 Max. Perché l’eccitazione nel creare qualcosa di nuovo si scontrava costantemente con difficoltà e imprevisti.
“Vivevamo quelle giornate sempre nel dubbio di farcela. Allargare la C3 Max di 20 cm di lato, impiantare un nuovo motore, collegarlo ad un cambio sequenziale. Diciamo che difficoltà varie ci sono state e alle volte il mio entusiasmo subiva dei colpi molto forti. Chi non dubitava mai, del risultato finale, era proprio Franzetti”
Questa storia dello scoprire i momenti difficili dietro i successi mi ha sempre attratto. Voglio dire che le storie belle hanno sempre un volto segreto da scrutare. Le paure, le sconfitte, quelle, spesso non si dicono, ma sono loro che danno maggior valore ad un’affermazione.
I momenti no hanno punteggiato molte giornate dedicate alla costruzione e allo sviluppo della C3 Max. Per alcuni di questi il ricordo, come la sensazione, restano intatti. “Rabbia – attacca così Paolo Sabattini. Sembra quasi che alla mia richiesta di raccontarmi un momento difficile, l’incipit lo avesse già preparato da tempo – rabbia – lo ripete due volte – l’auto e’ stata costruita da zero, sulla base di una C3 3 cilindri stradale, in un mese e mezzo. Un mese e mezzo di lavoro fatto di giornate da venti ore, di pizze alla sera in officina, di nottate al computer, di deliri organizzativi per il reperimento del materiale. La sera prima della partenza per la prima gara, messa in moto e immediatamente problemi di elettronica al cambio. La partecipazione alla gara di apertura di Campionato a Monza si spegne nella speranza di tentativi andati a vuoto. Li ricordo i volti, quella sera. Seduti attorno alla macchina alle 2 di notte con la delusione bagnata dalle lacrime”.
Parlare con un tecnico, significa sempre ricevere informazioni precise, didascaliche. Le parole prestano lume su dettagli che spiegano e ti aiutano a capire meglio quanto di bello e buono è stato fatto per trasformare una simpatica city car in una insolente, veloce, ficcante auto da corsa.
Sabattini è calmo e attento, quando parla fissa nel vuoto, come a ripercorrere le tappe di questa genesi: “la Citroën C3 nasce come vettura di tutti i giorni, quella con cui si va a fare la spesa, comoda e con una aerodinamica non propriamente da ipersportiva. Dettagli non adatti a farla evolvere in una vettura da corsa. Ma è anche piccola, corta, leggera ed estremamente maneggevole. Su questi aspetti abbiamo lavorato. Valorizzarli adeguatamente avrebbe voluto significare realizzare un buon prodotto racing. Il primo anno (2015 N.d.A.) ci siamo concentrati pesantemente su telaio ed assetto. Motore ed elettronica erano di provenienza Peugeot RCZ. Il nostro obiettivo, partendo dalle caratteristiche della vettura di base, era esaltarne le doti di leggerezza e maneggevolezza. Il risultato finale è stato una percorrenza in curva notevole e una facilità e sincerità di fondo. Il secondo anno, dato per buono telaio ed assetto, ci siamo concentrati sulla meccanica, spingendo il motore fino a 314 cavalli (in versione Motorshow) e avvicinandoci sempre di più alle vetture TCR”
Ritorno a Massimo perché lui, raccontandomi cose e persone, mi presenta anche un altro protagonista seduto a questa tavola di specialisti. Mi dice di Marco Muzio. “E’ il vero pennello della Citroën C3 Max. E’ riuscito ad interpretare al meglio, in 3D, quello che volevo”.
La curiosità è troppo forte, vado a scoprirlo.
Già il nome della sua struttura è tribale al punto giusto: Bermuda Design. Ti ispira colori e musica caraibica, mare, sole e windsurf e invece ti colleghi al sito e scopri che si tratta di industrial design, grafica e engineering legata all’auto, alla moto e alla nautica. Insomma un bel contrasto tra naming e attività. E io adoro i contrasti.
“Ho conosciuto Massimo tramite amici in comune: Romeo e Mario Ferraris. Ci siamo subito sintonizzati sul progetto e messi al lavoro. La missione? Realizzare l’estetica della vettura che doveva essere bella e aerodinamicamente efficace. La mia estrazione tecnica mi ha sempre portato a cercare prima la funzione e la fattibilita’. Il design di un’ auto da corsa non puo’ mai trascendere da questo parametro, ma perché’ farla brutta? in fondo tutte le macchine che sono rimaste nel cuore degli appassionati sono state, prima che vincenti, belle (Ferrari GTO, Ford GT40, Alfa Romeo 33/3, Porsche 911, ecc.). Abbiamo chiaramente utilizzato software di modellazione 3D perché’ avevamo bisogno di definire aerodinamicamente e costruttivamente le modifiche, ma senza fare nessun disegno di foto ritocco, solo modellazione e successivi render. Ed è stato veramente stimolante lavorare al progetto e ricordo con piacere anche l’unico punto su cui io e Massimo ci siamo particolarmente “picchiati”: la definizione estetica del raccordo dei fari anteriori con i parafanghi allargati”
Per un ingegnere meccanico come te, che si è formato tra Mondiale Rally con Lancia e Abarth e la F1 con la Ferrari, cosa ha significato lavorare sulla Citroën C3?
“Un ritorno alle vetture derivate dalla serie. Ho avuto la grande fortuna di iniziare la mia carriera al Jolly Club ai tempi della mitica Lancia Delta 16v e sono sempre rimasto innamorato delle derivate dalla produzione. inoltre, pur non essendo vanesio di natura, sono molto felice degli apprezzamenti che hanno fatto alla C3 Max sin dalla prima uscita.”
L’auto è pronta per il debutto. La Procar Engineering e Massimo Arduini si apprestano allo shakedown nel circuito di Franciacorta. Il 1.6 turbo non arriva a 300 cavalli, li supererà abbondantemente alla fine della sua carriera. L’emozione è palpabile, le giornate di lavoro e le nottate insonni si concretizzano in un auto bellissima e curata nei minimi dettagli: “Probabilmente è il giorno che ricordo con più emozione – mi dice Paolo Sabattini – Arduini sale in macchina, mai girato, nessun dato su assetto, tutto solo sulla carta e il cronometro in mano. Annotiamo i tempi. Max, dopo essere sceso, ci guarda col sorriso e dice <<mi piace>>. Il primo giro cronometrato già era più veloce di un secondo rispetto ai best della RCZ sullo stesso circuito. Era nata una piccola peste. Era esattamente come la volevamo”.
Da quel test sono passate due stagioni, tanti piazzamenti e vittorie (quest’anno in salita, pilotata dal collega e amico Emiliano Perucca Orfei, ha fatto faville) tante battaglie, tante gioie e altrettanti delusioni, ma una costante: la Citroën C3 Max. Questa splendida auto da corsa nata da un gruppo di lavoro con una visione: Eugenio, Massimo, Paolo e Marco, Giampaolo e tanti altri a seguire. Perché prima delle aziende, ci sono dietro uomini che mettono in comune passioni e volontà.
Il momento più bello? – lo chiedo a Massimo Arduini, la miccia che ha innescato il tutto – non parlerei di momento, ma di sensazione. Mi ha accompagnato lungo tutti questi due anni: quella di avere la stima di tutti voi giornalisti per il lavoro che ho fatto, ma anche – e soprattutto aggiungerei – quella di mio figlio Leonardo ( 11 anni ) che è’ il mio fan numero uno e che, per colpa della mamma alla quale un pilota (io) in casa basta , deve correre nell’ Italiano mountain bike! Contando anche il Trofeo RCZ Cup sono 34 i giornalisti ospitati e a cui sono fiero di aver fatto da tutor (flessioni incluse!). E il lavoro continuerà nel 2017. Con Peugeot”.
Un’altra bella storia da raccontare.