A Monza ho corso il terzo appuntamento della Clio Cup 2017 nella categoria Press League. Non è andata bene, se vogliamo parlare di risultato finale, è andata benissimo se, invece, raccontiamo dall’interno cosa vuol dire correre
Innanzitutto la Clio Cup. Sulle caratteristiche e su come va questa magnifica auto da corsa ho già scritto diverse volte. Semplicemente la Renault Clio è un assoluto riferimento nel panorama delle vetture da corsa. Per me rappresenta, per la categoria turismo, quello che la Porsche 911 è per la categoria GT.
Vuoi correre in un monomarca tirato e competitivo? La Clio Cup è una delle migliori risposte alle tue esigenze. Sei innamorato delle gare di durata? La Clio è una delle protagoniste per la sua affidabilità, costi di utilizzo contenuti e, in generale, un rapporto costi/prestazioni di assoluto interesse. L’acquisti e scendi in pista anche con un meccanico amico al seguito. Robustezza, affidabilità e semplicità di gestione sono i suoi atout migliori. Per questo mi ricorda la Porsche. Tu prendi una 911 preparata Cup e ti schieri anche nell’endurance è hai tutte le carte in regola per vincere. Poi dipende solo dal piede.
Oregon team. Una garanzia
Ho trovato la Clio Cup numero 33 bella parcheggiata nel box della Oregon. Lo squadrone che con le Renault, di qualunque tipo, ha vinto tutto e dappertutto. Muso verso la pit lane pronta per infilarsi dentro quel magico corridoio, preludio di ingresso nel tempio della velocità. Rispetto alla gara dell’anno scorso al Mugello, si presenta con un assetto molto più aggressivo con un retrotreno con un angolo di camber visibilmente negativo. Sul velocissimo circuito brianzolo un retrotreno più libero, pronto e reattivo, soprattutto dentro la Ascari o negli inserimenti alla Lesmo è importante. Passaggi che mi ricorderò …
La Renault Clio Cup com’è fatta e come va lungo un giro a Monza
Per scoprire i dettagli della Clio Cup affidiamoci a Giovanni Mancini, direttore di Elaborare e Newsauto.it
Naturalmente rimangono le eccellenti basi della versione stradale. Gli interventi di Renault Sport sono sulla centralina prodotta dalla Cosworth letta solo da Renault Sport Technologies e sullo scarico. Tutti i motori, che erogano 220 cavalli, sono sigillati e vengono revisionato solo dalla Oreca a prezzi definiti.
Il rollbar integrale è saldato e la trasmissione non è il doppia frizione di serie, ma un efficacissimo SADEV a 6 marce sequenziale con comandi al volante. L’impianto frenante è dotato di dischi anteriori da 320 con caliper a 4 pistoncini mentre al posteriore i dischi sono quelli di serie.
Una dinamica divertente, ma impegnativa
E’ un grandissimo divertimento la Clio Cup. Ti dà subito fiducia, ma ti fa anche capire che per guidarla forte e bene richiede un affiatamento che, per forza di cose, non potrai instaurare in quei pochi giri dedicati alle prove libere prima delle qualifiche, dove il tutto si spiega e si definisce. Spingo la frizione, premo il pulsante blu sul volante che dà il consenso all’inserimento della prima marcia, schiaccio il paddle destro. La frizione si utilizza solo per partire, per il resto basta tirare le leve dietro al volante. La regolazione è sufficiente per farti sentire il punto di stacco, in quel momento giochi con il gas dandone un po’ di più giusto per alimentare i giri, facilitare l’avvio e spostarsi lungo la pit lane.
Sono le prove libere, 30’ da dividere con Mirko Magni di Autoblog. Una manciata di giri per capirla lungo le pieghe di Monza.
Parto arrabbiato con me stesso perché avrei voluto registrare le mie impressioni attraverso il video, ma pochi minuti prima di salire in auto scopro con orrore che l’attacco per il collegamento GoPro/casco l’avevo lasciato bello bello a casa.
Il comportamento della Clio Cup si evidenzia netto a partire dal primo giro: si percepisce stretta e tesa nelle reazioni, pronta a cambiare di direzione con un posteriore che tende a seguire fedelmente un avantreno molto preciso negli inserimenti.
Come guido a Monza
Alla Prima Variante la frenata è potente, avrò bisogno anche del secondo turno di libere per capire il giusto punto di frenata. Ci arrivo di sesta marcia, freno forte a 110 metri ed entro di seconda. La scalata è velocissima, utilizzo il piede sinistro per frenare e questo è importante perché ti consente di portarla fin dentro la curva, caricando l’avantreno quel tanto che basta per contrastare sottosterzo.
Il cordolo si pizzica, non bisogna prenderlo troppo deciso altrimenti la Clio si alza su due ruote e oltre alla leggera tensione che ti prende, perdi anche del gran tempo in attesa di metterla giù e dare gas con decisione. Monza sembra tecnicamente facile e invece nasconde segreti e trucchetti che gli amici piloti ti suggeriscono, ma una cosa e ascoltarli da chi sa e un’altra è praticarli subito.
In uscita dalla “Prima Variante” mi avvio verso la “Curva Biassono” snocciolando velocissimo terza, quarta, quinta. Il SADEV è un fucile mitragliatore, cambio al rosso. Il rosario colorato di luci appena sopra il cruscotto mi evita di guardare il pannello a cristalli liquidi davanti a me. Entro dentro la Biassono in pieno, gas giù e la Clio si appoggia sui pneumatici esterni, decisa e stabile. Il posteriore così camberato adesso lo immagino lavorare magnificamente a sfruttare tutta l’impronta a terra della gomma in appoggio.
Quinta in uscita verso la “Variante della Roggia” Dopo un chilometro di rettilineo ci arrivo di sesta piena ed anche qui capire dove frenare richiederebbe del giusto tempo che non ho. Per tutto il week end quella frenata non è mai stata accordata, lì avrei potuto dare di più.
Mi rendo conto che non vado al giusto ritmo perché nel susseguirsi delle mie azioni registro dei tempi morti. E andare forte vuol dire non avere tempi morti. Se li hai non stai andando forte. Punto.
La prima di Lesmo è semplice, la attacco di terza, lascio poi scivolare verso l’esterno, quarta e la Seconda di Lesmo ci arrivo dopo una frenata leggera, terza e una piega a cercare il cordolo interno che ti aiuta l’inserimento e l’uscita. Il tappetino verde messo all’esterno della curva mi mette timore, cerco di tenermi a leggera distanza anche se gli esperti piloti del campionato non si fanno molte remore a salirci un po’ su. L’importante è andarci a ruote dritte e auto non carica. Mi piace molto questo millesei turbo. Il motore è molto elastico e pronto e non si esaurisce mai rapidamente. Spinge con veemenza in tutte le marce e anche quando arriva a limitatore, fino all’istante prima del suo ingresso, lo percepisci che ne ha ancora da darti. Durante il mio secondo turno di prove libere avrei potuto forzare l’ingresso alla Seconda di Lesmo portando più velocità al suo apice. Non c’è ABS ma i freni sono meravigliosamente modulabili e questo ti consente di variare pressione sul pedale centrale mentre moduli il gas. Il resto del lavoro lo fa la presa dei pneumatici slick Michelin che tengono ben in linea l’avantreno e il differenziale che tiene sempre meravigliosamente a bada l’anteriore.
Quarta, quinta, sesta, giù a cannone lungo la Curva del Serraglio per la frenata e l’ingresso all’Ascari. Ecco un altro punto con il quale non mi sono accordato. Anche qui dei brevissimi tempi di latenza in frenata. Freno dieci metri prima, troppi. L’ingresso di terza mi lascia del tempo morto nel susseguirsi del gesto, lo percepisco netto, non mi piace.
L’Ascari è un transitorio velocissimo; un destra, sinistra, destra, che dovrebbe essere eseguito come l’attacco della Quinta di Beethoven. Nessuna sosta, nessuna incertezza e invece io mi trovavo a mettere la quarta tra la seconda piega e l’uscita. Troppo tardi. Il che voleva dire una sola cosa: entravo troppo lento.
Lungo il rettilineo prima della Parabolica la Clio Cup si distende, cerca aria ad alimentare potenza, sale di giri veloce e arrivo alla Curva in un tempo piuttosto rapido. Anche questa porzione di pista, frenata ed inserimento, mi suona stonata, freno presto anche qui e non chiudo mai con la necessaria decisione. Mi sento che la trattengo troppo, non le do briglia sufficiente per allargarsi all’uscita, anche qui pago decimi preziosi che si sommano ad altri decimi preziosi e che, tutti insieme, faranno secondi. Ma va benissimo così, sono qui per raccontare non per competere con i primi, anche se, in fondo in fondo, quel sano spirito competitivo ti fa rimpiangere il tempo e la frequenza della pista che non hai.
Qualifiche no, gara a seguire
C’è poco da dire per le qualifiche. La mia fiducia nel miglioramento dei tempi era netta, assoluta. Puntavo di chiudere con un 2’14 alto/2’15 giusto a quei tre secondi dai migliori che sono una enormità, normalmente, ma che accetti per il ruolo che hai e per i tempi a disposizione. Poi ci sarebbe la gara alla quale avresti delegato molto.
E invece ho fatto il patatrac. Due testacoda, due. Mai capitato.
Il primo all’uscita della Prima di Lesmo. Seguo Navajo, esperto pilota della Serie. Mi aiuta, era nelle sue intenzioni. Lo seguo per la scia e per vedere bene dove frenare e mettere le ruote. Succede così, mi sfila in rettilineo io mi accodo. Avrei dovuto percorrere tre giri dietro di lui, perfetto. Arriviamo alla staccata della Prima Variante, non gli sto nel culo, per adesso, preferisco prendere la giusta aria, spazio per osservarlo meglio, copiarlo meglio.
Lo seguo a dieci metri: Biassono, Seconda Variante, Curva di Lesmo. Stop. In appoggio, in uscita, mi parte di colpo. Testa coda netto, perentorio, autorevole. Sabbia. Lascio sfilare tutti, accendo, parto. Mortificato ed incazzato nel profondo, soprattutto perché non sapevo il perché.
Il perché me lo avrebbero spiegato dopo: gomme nuove davanti, usate dietro, com’è normale per tutti. Differenziale di aderenza che avrei dovuto tenere in considerazione, avantreno che attacca e retrotreno che scivola ancora di più.
Dovevo attendere, riflettere, considerare la cosa, ancora un giro per scaldare bene il dietro, ma la voglia di provarci subito su quei quattro giri che hai a disposizione e il ritmo maggiore di Navajo hanno fatto il guaio.
Faccio un giro per scrollarmi di dosso sabbia che si sparge lungo la pista insieme al mio orgoglio. Mi tengo ben lontano dalla traiettoria ideale, mi riallineo ad essa nel mezzo del rettilineo principale, ci riprovo. Un giro per risintonizzarmi. La cosa funziona, mi sento meglio, pronto per l’ultimo.
Esco dalla parabolica tonico, mi sentivo di aver fatto una buona frenata, una percorrenza giusta, esco largo già di quinta, la metto molto prima del solito, sesta all’altezza dell’ingresso box. Ci arrivo veloce alla frenata della Prima variante. 120, 100, rubo metri, picchio duro e modulo bene sul pedale centrale. Pizzico il cordolo, quello di entrata ed uscita, seconda, terza, quarta, “Biassono” deciso, mi avvento verso la “Seconda Variante”, “tempo morto, tempo morto”. Mi rimbomba in mente l’ammonimento.
Freno sotto, non ricordo, ma freno sotto, più sotto del normale e scopro che ci sta alla grande. Sinistra, pizzico il cordolo, destra più deciso sopra, esco, la lascio scivolare. È il giro giusto, me lo sento, c’è più complicità con la mia Clio Cup, iniziamo a parlarci, a sorriderci, ad ammiccare insieme, perché è sempre una questione di seduzione.
Le Lesmo le aggredisco con maggiore vigore, anzi no, ci passo dentro senza tempi morti, mi piaccio di più. Quello che aggredisco è il cordolo interno della Seconda di Lesmo, ci passo sopra decisamente, più di metà macchina e lascio scorrere verso l’esterno. Sto a gas aperto, ma non mi preoccupo più del tappetino verde perché ci passo sopra di striscio, ma soprattutto più avanti del solito, molto più avanti. Mi tuffo verso l’Ascari, il Serraglio non è una curva, si chiama così, ma non la percepisci, giù tutto e vorresti più potenza. 300, 250, 200, 150, forzo di più entro più deciso. Sinistra, destra, succede qualcosa ancora una volta di inaspettato. Succede improvvisamente, ti parte dietro e tu non hai il tempo di realizzare fino a quando non ti trovi in sabbia all’esterno dell’Ascari, una uscita che ti è andata pure bene. Motore fermo, il bis. Pochi minuti, due, tre, alla fine delle Q1. Bandiera rossa. Per colpa tua.
Poca fiducia
Alla gara del giorno dopo non mi presento con la voglia di riscatto. Ha piovuto a dirotto fino ad una mezzora prima, la pista è bagnata in alcune zone, fortemente umida in altre. Insomma la configurazione peggiore soprattutto per chi, come me, non aveva ancora chiari i motivi delle due scampagnate in sabbia. Poi il mio team mate, Mirko Magni, il giorno prima nel suo turno di qualifica aveva avuto una collisione con un altro concorrente. Giusto quel pizzico di incomprensione in frenata da farlo entrare nella fiancata. Mi avvio in griglia con un Clio Cup fortemente danneggiata, a posto d’assetto per l’eccezionale lavoro dei ragazzi del team Oregon, ma visivamente offesa dalla bagarre. E in più, tanto per finire, gomme slick all’anteriore e rain al posteriore. Due giri concessi dal Direttore di Gara per comprendere meglio questo setup adottato dalla maggioranza dei concorrenti e pronti in griglia.
La gara? Senza infamia e senza lode. Semplicemente 25 minuti corsi senza bagarre, ne avevo due o tre dietro, ma riuscivo a mantenere la mia distanza e con quel sottile senso di disagio che ti attanaglia quando hai timore di non voler fare danni. Ma più che sufficiente per capire, ancora una volta, il piacere di guidare una Clio Cup così veloce, efficace ed affidabile e quello incomparabile dell’emozione della guida e della competizione capace di regalarti momenti di puro godimento. Quando ci sei nel mezzo.