Lo spunto me l’ha dato Giorgio Terruzzi nel suo decalogo pubblicato su RedBull.it 10 punti lanciati lì per una riflessione generale su cosa vuol dire diventare pilota da Formula 1. Anzi, sul senso della Formula 1
[dropcap]T[/dropcap]ra le riflessioni dell’ottimo Terruzzi anche un Bottas che, con il cambio di casacca e di cockpit, è improvvisamente balzato agli onori della cronaca sportiva e della classifica generale. Un pilota valido certamente, ma che scatena una serie di riflessioni sull’argomento tipo:[blockquote text= “Quanti piloti possono trasformarsi in campioni nel momento in cui salgono su una macchina della Madonna? Di contro, quanti piloti giudicati modesti non hanno alcuna possibilità di mostrare il loro valore?” signature=”Giorgio Terruzzi”] [ads comp=”Red Bull Magazine ” title=”10 Domande sul senso della Formula 1 ” desc=”Giorgio Terruzzi ci lascia 10 domande senza risposta sul cosa vuol dire oggi la Formula 1 che tutto estremizza e, pericolosamente, può bruciare. ” text_link=”Giorgio Terruzzi sul senso della Formula 1 ” link=”https://www.redbull.com/it-it/terruzzi-domande-senso-f1″ image=”https://cldup.com/gCorQXcTsx.jpg”]
Il motorsport tutto, non solo la Formula 1, è uno sport dove la componente meccanica e la capacità della squadra di saper amalgamare al meglio tutte le variabili, sono ingredienti primari per il successo finale. Il pilota, al netto delle qualità velocistiche, deve riuscire a concretizzare questo lavoro con il risultato finale. Oltre alla velocità naturale, quindi, un pilota deve vantare costanza di rendimento, assenza di sbagli, capacità di saper “leggere” la gara e approfittare delle situazioni improvvise a proprio vantaggio, conoscenza tecnica per contribuire ad individuare la giusta messa a punto, una necessaria dose di cattiveria. Questi sono gli ingredienti fondamentali per tutte le categorie: dalla Formula 1 al WEC passando dal Turismo al GT. Che si parli di professionisti del volante, di semi-Pro o di Gentleman Driver, gli ingredienti per un pilota da corsa al top sono questi.
In Formula 1 tutto ciò viene giustamente estremizzato iniziando dalla velocità. In un’ora e mezza di gara flat out è evidente che la capacità di rimanere concentrati ai massimi livelli e a velocità medie molto superiori a qualsiasi altra specialità sono le componenti richieste ad un pilota da Formula 1.
Ma la domanda è: siamo sicuri che tutti i 20/22 piloti attualmente in Formula 1 rappresentino il gotha dell’alta guida mondiale?
E’ evidente che la questione è retorica perché di piloti potenzialmente più efficaci e veloci che non corrono in Formula 1 o che la Formula 1 non l’hanno mai neanche odorata ci sono stati, ci sono e ci saranno.
La Formula 1 è un sistema che mette in sinergia, bene o male, sport e spettacolo. Questo è un principio che dobbiamo accettare, è il differenziale competitivo della categoria rispetto a tutte le altre specialità mondiali del motorsport. E’ giusto che sia così.
E se questo è l’assunto, ecco che entrano in gioco fattori altri per recitare una parte da protagonista in questo sistema che, non dimentichiamolo mai, brucia, ma che produce anche tantissimo danaro per tutti gli attori. E’ l’unica categoria del motorsport a garantire questo. Ecco che, per un pilota, avere budget da investire per guadagnarsi il proprio posto al sole diventa elemento necessario e, alcune volte, sufficiente. Questo è.
[portfolio id=”Vitalij Petrov Pastor Maldonado ” cat=”Piloti meteore”]
Negli ultimi dieci anni abbiamo visto tutti meteore, più o meno dotate, schierarsi in griglia per qualche stagione, per poi ritornare a calcare altre scene meno patinate di questo sport. Personalmente la cosa non mi disturba, la trovo naturale, per uno sport-spettacolo globale come questo, sopratutto quando, incontestabilmente, la velocità e la bravura continuano comunque ad essere gli elementi premianti per tutti i piloti in pianta stabile.
In questi giorni di agosto è l’incredibile performance di Kubica a tenere alta l’attenzione. Cosa farà Renault? Darà il ben servito ad un Palmer protetto da un contratto di ferro (a proposito di piloti che poco c’entrano con la Formula Uno) per aprire le porte da titolare al velocissimo e talentuoso polacco?
Alla fine, facciamoci caso, chi resta se lo merita. Ma …
Ed eccoci alle 10 domande di Giorgio Terruzzi. Se è vero che molti pagano un ticket anche solo per sedersi il venerdì in un cockpit, quanta praticaccia, gavetta, deve fare un ragazzo per diventare un top driver da Formula 1? Siamo sicuri che il metodo di selezione attuale valorizzi talenti e li faccia crescere? Oppure il rovescio della medaglia ha un costo altissimo?
C’è una grandissima differenza tra i piloti di una volta e quelli attuali. Ma non nella capacità (questo è altro argomento) quanto nella metodica di crescita. Le categorie di una volta adesso sono dei passaggi veloci che fanno parte di una strategia definita a tavolino. Il pilota non cresce con il numero di gare, ma quasi in laboratorio. Le esperienze sono pianificate, i chilometri di test e di allenamento sono infiniti, la variabile simulatore diventa fondamentale per velocizzare apprendimento e abitudine allo stress, sostare per più stagioni nella stessa Categoria diventa deleterio. Il talento è necessario oggi, come allora, ma questo adesso viene dopato, al fine di farlo crescere di più e più velocemente. Un vedi, vidi, vici nella scalata al vertice che diventa necessario per arrivare freschissimi nell’età, ma navigati nell’esperienza.
Ma se un Verstappen mette d’accordo tutti, un Lance Stroll no. Il concetto è che dietro la crescita di un talento diventa terribilmente discriminante la quantità di soldi che ci investi. Più ne hai più il menù è ricco e raffinato.
Uno come Antonio Giovinazzi che la F1 se la merita eccome, siamo sicuri che un ruolo del genere da terzo pilota basti per coltivarne talento e velocità?
[blockquote text=”Mettetevi nei panni di Antonio Giovinazzi che prova sotto pressione e sbaglia, anche a causa del team, visto che in quanto tester deve girare e basta: quali rischi comporta? Fai un test: se non tiri sembri un bollito, se tiri rischi di sbagliare. Come si può far crescere un giovane in condizioni come queste?” signature=”Giorgio Terruzzi “]
Il meccanismo è durissimo e inefficiente. Si parla di un cambio di registro che gli americani di Liberty Media vorrebbero impostare a breve: lasciare più spazio ai piloti realmente di livello, ma sono voci che attendono conferme sul come e quando. Ma oggi il terzo sedile te lo compri e basta. Pagando quindi, carissimo, i pochi chilometri di prove libere del venerdì. Ed un pilota con un contratto del genere preferisce stare al muretto per tutta una stagione piuttosto che misurarsi in pista in altre categorie. Ed il risultato alla fine? Quello di Paul Di Resta?
La morale? Arrivare in Formula 1 costa, costa tantissimo. Alla fine, per fortuna, il talento resta la discriminante che ti farà essere meteora o campione. Ma prima di arrivare a dimostrare, il percorso te lo devi costruire a suon di soldi. Sempre nella speranza di non finire stritolato nelle logiche del sistema. Terzo sedile in primis. Costruire un pilota da Formula 1, al netto della bravura, richiede un investimento che va dai 3 ai 5 milioni. Poi se arrivi alle porte da campionissimo (Leclerc?) puoi sperare in un posto a costo zero altrimenti ballano altre decine di milioni. Tutto questo conviene?
[blockquote text=”Come mai tutti allevano giovani visto che poi i posti di lavoro non esistono? Quanti ragazzi sta bruciando questo sistema F1? Anche considerando che per un campionato in GP3 servono 800mila euro come ridere.” signature=”Giorgio Terruzzi”]La Formula 1 brucia soldi in quantità industriali, ma perché, a chi arriva, sia esso team che pilota, comunque ne garantisce un bel po’. Ma il gioco, per forza di cose, è strutturato per mortificare moltissimi talenti che per inseguire il sogno spesso si perdono nei rivoli di un sistema spesso spietato.
Non è un caso che le fila dei giovani piloti nel GT si sono ingrandite. I programmi Junior di alcuni Costruttori (Porsche e Lamborghini) sembrano dare eccellenti frutti poi c’è la LMP2. Parlando con alcuni team manager i costi di questi prototipi sono inferiori a quelli di una GT3 e se il WEC riuscirà a rispondere bene alla crisi che sta vivendo il programma di vertice (LPM1) non sarà difficile pensare ad un travaso di giovani professionisti in queste splendide vetture. Nel frattempo per un sedicenne di belle speranze la Formula 1 sta diventando sempre meno l’obiettivo unico, perché ad una chimera spesso irraggiungibile pensare al professionismo in altre categorie è oggettivamente possibile e più facile.