Come un Tafazzi qualsiasi, per il settore auto il Governo ancora non si esprime. Il settore sta perdendo pezzi e, intanto, la politica degli annunci fa danni anche al comparto auto
Continua la totale mancanza di incisività del Governo riguardo un settore tra i più cruciali per qualsiasi economia evoluta. L’auto resta al palo con un -49,6% di immatricolazioni a maggio e un 40% dei concessionari a rischio chiusura.
Ancora nessun segnale da un Governo impegnato in questa settimana in quegli “Stati Generali” a Villa Panphili che stanno definendosi, come da più parti previsto, più una passerella mediatica che un vero e proprio summit del cambiamento.
Nel frattempo i numeri dell’auto continuano la loro drammatica evidenza; con maggio siamo a quota – 460.000 unità (giusto ricordare, come evidenziato in questo articolo, che 100.000 auto immatricolate valgono per l’erario circa 500 milioni di euro solo di IVA) e dalla politica annunciata ancora nessun colpo.
Le due organizzazioni di riferimento, UNRAE e ANFIA , guidate rispettivamente da Michele Crisci e Paolo Scudieri, stanno alzando i toni per chiarire, come se ce ne fosse bisogno, i termini del problema.
Senza mezzi termini UNRAE che bolla poco più che inutile, negli effetti, la conferma delle agevolazioni che già esistevano per le auto elettrificate mantendendo fuori il 98% della produzione
La questione di questo assenza di incisività è esclusivamente ideologica, come ideologica fu la sciagurata decisione del superbollo che, a conti fatti, ha prodotto solo gravi danni al comparto delle auto alto di gamma e all’erario con una perdita di decine e decine di milioni di euro. Guai, però, a rivederla, così come guai ad affrontare in maniera complessiva l’attuale problema.
Inutile mantenere un tono distaccato e descrittivo, si conosce bene la parte della maggioranza che si sta mettendo di traverso e che vuole limitare l’intervento solo al settore della trazione elettrica, quel Movimento 5 Stelle nato nelle piazze inseguendo l’illusione della democrazia dal basso, dell’uno vale uno e che negli ultimi 7 anni non ha mai offerto esempi di buon governo territoriale, figuriamoci centrale. Anche questa volta l’assenza totale di visione complessiva, dovuta all’assenza totale di cognizione, sta dando i suoi peggiori frutti.
Chi ha veramente a cuore il Paese ed il lavoro, e non i provvedimenti di bandiera, dovrebbe avviare una seria strategia di sviluppo, a tutela di un settore che rappresenta 1/10 del PIL e delle entrate fiscali dello Stato: un settore che oggi rischia di scomparire, e per il quale non sono state trovate ancora risorse adeguate.
Ebbene, dopo settimane di “rimpalli” fra tutti i soggetti istituzionali coinvolti, e nonostante l’impegno costruttivo di diverse componenti della maggioranza, non ci sono ancora provvedimenti concreti e si continua a paventare la mancanza di fondi per l’automotive, a fronte di 55 miliardi allocati in modo orizzontale e, a nostro giudizio, poco efficace.
UNRAE
L’ipotesi che aggraverebbe di più la situazione
Il suggerimento proposto da UNRAE e ANFIA, sin dalla prima ora, è quello di allargare la platea delle auto ammesse alle agevolazioni dell’ecobonus (attualmente la norma stabilisce un tetto massio di 60 g/km di CO2).
da alcuni mesi abbiamo proposto un’estensione dell’ecobonus già in vigore ad
ANfia
una nuova fascia di emissioni, ovvero le auto ad alimentazione alternativa con emissioni
medie di CO2 da 61 a 95 g/km.
Di tutto risposta, da Palazzo Chigisi paventa la volontà di limitare gli incentivi ai soli veicolo con un prezzo di listino inferiore a € 18.000 e di escludere tutti gli Euro 6 a prescindere dal loro livello di emissioni. IL risultato? Una esclusione di molti Marchi, una distorsione grave del mercato, nessuna possibilità di incidere sulle emissioni medie, una riduzione del gettito IVA. In sostanza nessun effetto utile per il suo rilancio. Al Governo non ce n’è uno solo di Tafazzi, ma una intera squadra di geni che si prendono a bottigliate sulle palle.
Quelli più “bravi” poi che siedono sugli scranni dell’Esecutivo a domanda rispondono: lo stanno facendo anche i tedeschi, incentivare solo modelli elettrificati. Con la differenza che tra Italia e Germania ci separa una differenza abissale in termini di infrastrutture e coerenza degli interventi.
Come la Germania? Sì, pero’ …
Maggiore è il livello di semplificazione nella narrazione politica e maggiore è il livello di inadeguatezza di quella classe politica che, nel caso di specie, punta a portare ad esempio le manovra che stanno deliberando in Germania, ma ci sono differenze precise tra la struttura del nostro e del loro mercato:
- le infrastrutture di ricarica: la loro numerosità in Germania è 3,5 volte superiore rispetto a quella italiana;
- il parco circolante: quello italiano è tra i più anziani in Europa con un’età media del 20% più alta rispetto a quello tedesco e con un ciclo di rinnovo del 43% più lungo;
- il mercato: in Italia, durante il lockdown di marzo-aprile, il mercato è crollato quasi del doppio rispetto a quello tedesco;
- l’aliquota IVA ordinaria: in Italia è al 22% anziché al 16% come previsto dalle recenti normative tedesche per i prossimi 6 mesi;
- il trattamento fiscale dell’auto aziendale: in Germania l’IVA è da sempre detraibile al 100%, mentre in Italia solo al 40%, con una deroga perennemente rinnovata rispetto alla normativa europea.
Bastano questi punti per comprendere come differenze così macroscopiche consentono livelli di intervento altrettanto diversi.
Cosa fanno gli altri Paesi europei
Se in Italia si punta convintamente su monopattini e bici (anche qui ancora tutti in attesa dei provvedimenti concreti) nel resto del Continente i singoli Paesi stanno dettando tempi e metodi per immettere aiuti concreti e pesanti nella filiera automotive.
Della Germania ho scritto poco sopra: la decisione è unica: puntare sui modelli elettrici ed elettrificati. Tutte le vetture elettriche con prezzi finali sotto il 40.000 Euro possono godere di contributi fino a 9.000 Euro divisi tra Governo (6000 Euro) e costruttori (3000 euro). Le plug-in hybrid si portano dietro un contributo netto di 6.750 euro (4.500 Governo e 2.250 Costruttori) mentre per tutte il resto delle motorizzazioni IVA ridotta dal 19% al 16%.
Per la Francia la strategia di supporto è piuttosto sentita. Saranno un totale di 8 miliardi di euro l’aiuto economico che punta a trasformare l’industria automobilistica translalpina in un polo leader nell’elettrico e nell’ibrido. L’intervento, però, punta anche all’immediato attraverso un intervento strutturato per aiutare le concessionarie a svuotare i piazzali con aiuti che vanno dai duemila e i quattromila euro per tutte le vetture endotermiche oltre ad incentivi più corposi per le elettrificate
DIciamo che nel Regno Unito la Brexit e la pandemia hanno rappresentano una drammatica killer application. Non potendo contare su aiuti europei l’Inghilterra si appresta a supportare il settore con contributi legati all’elettrico: circa 6000 sterline (6700 Euro) per passare da una vettura endotermica ad una elettrica e altre misure verranno presentate all’inizio di luglio
La Spagna appartiene alla fascia dei Paesi produttori principali con la presenza della Seat e di altri Costruttori quali Nissan e Renault che stanno, però, ridimensionando la loro presenza. Anche qui l’obiettivo è spingere sulla progressiva elettrificazione del parco circolante, ma anche alla modernizzazione degli impianti. L’annuncio del Premier Sanchéz è quello di utilizzare i 140 miliardi di Euro provenienti da Bruxlesses proprio sul settore automotive e turistico.
L’auto è strategica per ogni Paese industrializzato, costruire un piano strategico di sostegno senza la necessaria prudenza è una volontà letteralmente suicida. L’obiettivo del Governo italiano la prossima settimana è riprendere la discussione sul “Decretone”: 660 pagine e 55 miliardi di interventi. Uno dei documenti di bilancio più pesanti della storia della nostra Repubblica. Lì dentro si trova di tutto, compreso le proposte per il settore. Non ci resta che attendere e sperare.